FOCUS – La banalità del bene
di Giorgio Crico.
Anno zero, ricostruzione, rifondazione, progetto.
Quando una squadra termina ciò che normalmente si definisce ?ciclo?, subito saltano fuori queste meravigliose paroline che vanno (o andrebbero) a definire la nuova fase in cui entra un club. L’Inter è assolutamente in un momento del genere: il Triplete è lontano ormai due anni e mezzo e, di quella squadra, sono rimasti ormai in pochi. Addirittura la tripletta è talmente lontana che alcuni degli uomini presi due anni fa per rivitalizzare la rosa logorata dalle mille vittorie hanno salutato a loro volta (Coutinho, Pazzini) o sono in procinto di farlo (Jonathan, probabilmente Alvarez).
È così che funziona nel mondo del calcio. È così che funziona in un grande club come l’Inter.
Rinnovare una squadra che non solo vince tutto, ma vince ininterrottamente qualcosa dal 2005 al 2011 non è facile. Se a questo si aggiunge una crisi economica che taglia le gambe a interi continenti, come può reagire una semplice società sportiva? Ci sono molte cose con cui fare i conti: il bilancio, la riconoscenza, il rendimento di gioco in parabola discendente di tanti uomini che pure hanno fatto la storia, il calciomercato e le occasioni reali che offre… Dunque è perfettamente umano fare investimenti sbagliati (Forlan, Jonathan, Zarate) in un mare magnum di cambiamenti imposti sia dalle contingenze finanziarie, sia dalla carta di identità di molti giocatori. Il punto fondamentale è trovare le persone giuste: prima di tutto l’allenatore.
Andrea Stramaccioni, infatti, ha tutto quello che si può desiderare per poterlo investire della responsabilità di rilanciare l’Inter a lungo termine: giovane età, talento, un costo esiguo (conta anche questo!), conoscenza dei giovani, meticolosità tattica, voglia di far bene e un grande attaccamento ai colori nerazzurri. Che, nell’ambiente calcistico, non è mica pizza e fichi. La rosa su cui può contare è un insieme di giovani inesperti ma pieni di talento grezzo e campioni ultratrentenni che in carriera ne hanno viste di cotte e di crude, più qualche elemento nel pieno delle sue potenzialità fisico-atletiche che sta esplodendo proprio in questa stagione. La sfida sta nel trasformare questo gruppo di uomini in una squadra. Non è semplice ma Strama può farcela, perché è un uomo onesto, dice le cose in faccia e non per interposta persona ed è l’uomo scelto dai vertici della società, per cui ha anche il placet del presidentissimo in persona, il quale s?è spesso dimostrato poco paziente coi tecnici che non ha scelto personalmente, e dunque il sostegno totale della società Inter.
Per tornare ai livelli di classifica che competono al blasone del Biscione ci vuole però anche il sostegno dei tifosi, i quali, ultimamente e comprensibilmente, vedono i risultati languire e hanno cominciato a rumoreggiare. Ma le critiche alla società, come sempre, sono passate da un?arrabbiatura passeggera a una totale stroncatura di tutto l’operato dell’Inter dal 23 maggio 2010 sino ai nostri giorni nello spazio di un paio di settimane. Il tifoso, si sa, si dedica al calcio anche per staccare la spina dal tran-tran quotidiano, tuttavia in questo delicato momento di rivoluzione (perché di questo stiamo parlando) è bene cercare di soffocare la rabbia che i risultati altalenanti possono provocare. Al momento, la questione principale è tifare e incoraggiare la Beneamata, un po’ perché i nuovi acquisti devono sapere cosa vuol dire giocare ogni domenica per i Bauscia, un po’ perché la società deve comprendere che noi tifosi abbiamo il cuore grande e che su di noi può sempre contare nei momenti di crisi. Anche se ci costa fatica e sfottò, che comunque non saranno mai pesanti e continui come nel periodo dal ?95 al 2005 (chi seguiva i nerazzurri in quel periodo sa di cosa si parla). Sostenere l’Inter: questo è il bene che i tifosi devono fare. E non è nemmeno complicato da capire, anzi, è quasi persino banale. La banalità del bene, appunto.
Fatte salve tutte queste considerazioni, come si può risolvere la crisi che la squadra sta attraversando in questo momento? La risposta la daranno il tempo e Strama, senza dubbio, ma intanto può essere utile recuperare quel famoso briciolo di idea di cui si parlava già un paio di giorni fa. E quella piccola intuizione, tanto per ricominciare, potrebbe essere non prenderle; bisogna tornare a non subire gol. Una volta registrata la difesa, ultimamente protagonista di sbandate spaventose, si può pensare a costruire su solide fondamenta. Quest?anno si gettano le basi per il futuro: l’annata 2012/2013 non è nient?altro che questo, un passo verso un futuro che si spera vincente e interessante come il passato. E dunque ricominciamo, tutti pronti con le sciarpe in mano, perché domenica si gioca. Si riparte da qui.
Anno zero, ricostruzione, rifondazione, progetto.