FOCUS – La reticenza di Moratti
Dopo l’eliminazione in Coppa ad opera dei modesti francesi del Marsiglia, l’appassionato di calcio e l’interista si sarebbero aspettati lunghi e succosi processi atti a mandare qualcuno al patibolo o a salvare dalla forca qualcun’altro. In realtà ciò che ci colpisce è uno strano silenzio, frutto probabilmente della delusione di tutti, ma sicuramente anche della volontà di reprimere il proprio pensiero, proveniente direttamente da una pancia che a volte può portare più danni che benefici. Le dichiarazioni di Moratti, infatti, appaiono ai più proprio come un non voler infierire e tale impressione è data dal fatto che il patron, di solito, spende tutt’altro tipo di parole. Subito dopo l’inutile vittoria di San Siro il numero uno nerazzurro ha sì fatto i complimenti ai ragazzi e sollevato il tecnico da ogni responsabilità, ma ha anche velatamente lanciato qualche segnale sui progetti futuri, senza specificare “chi” dovrebbe realizzare “cosa”. La sensazione è che in altri tempi ci sarebbe stata una reazione estrema, in un senso o nell’altro, una conferma per tutti o un licenziamento in tronco o quanto meno in mentis: ora una via di mezzo, un timido sorrisino, qualcosa di detto che però sa più di non detto.
QUESTIONE DI META – Nel focus di oggi Passioneinter non vuole affrontare il solito, trito e ritrito tema del rinnovamento, del “cosa bisogna fare per l’Inter del futuro”, del tipo di rivoluzione di cui necessita la compagine nerazzurra. Preferiamo concentrarci invece sulla situazione attuale, sull’oggi, 16 marzo 2012. Dopodomani a San Siro arriva una di quelle squadre da temere, tanto in tempi di pace quanto in tempi di guerra; e se il suo nome non ci rimanda al calcio che conta, poco interessa, perché di una squadra che abbia un obiettivo preciso bisogna sempre aver paura. Già, un obiettivo: questa è la parola chiave. A metà marzo, come non succedeva da anni, l’Inter pare già fuori da tutti giochi (diciamo pure che lo è al 99%), ma per quanto i sogni di gloria siano andati in frantumi è assolutamente necessario porsi comunque una meta da raggiungere nei prossimi due mesi. La reticenza di quel “proveremo a cambiare l’Inter” pronunciato dal presidente non ha certo indicato in quale via avverrà, da giugno, tutto ciò, ma deve servire da monito, quasi da minaccia. Di sicuro squadra e tecnico devono sentirsi possibili oggetti di tale cambiamento e proprio per questo ci sentiamo di affermare che l’obiettivo da porsi prescinde dal raggiungimento del terzo posto o dell’Europa League, ma è qualcosa di molto più profondo, di più personale per ogni singolo componente del mondo Inter.
QUESTIONE DI DETTAGLI – Difficile affermare che il terzo posto, utile per la possibilità di giocarsi il preliminare della prossima Champions League, sia alla portata dei nerazzurri: 8 punti sono tanti e, anche se in palio ce ne sono 33, la situazione delle varie Udinese, Lazio, Napoli e Roma è più o meno la stessa di quella dell’Inter. Le quattro squadre citate infatti sono fuori dalle coppe e hanno la testa rivolta solo al campionato. La differenza la fa il morale, comunque alto, e il non dover dimostrare nulla a nessuno. Questo macigno pesa storicamente sulle spalle dei nerazzurri e probabilmente questa volta non sortirà effetti positivi, vuoi per la mancanza di un “responsabilizzatore forte” vuoi per la posta in palio che, apparentemente, è troppo bassa. Ma nei momenti di difficoltà ci si deve appigliare a qualsiasi cosa, si deve quasi sopravvalutare tutto, e ciò che ci si aspetta da questi due mesi è proprio questo, a prescindere dalla posizione di classifica del prossimo 19 maggio: dare importanza a ogni piccolo dettaglio, all’attimo, nell’attesa che poi gli attimi si accumulino per diventare vita.
QUESTIONE DI PANCIA – Se Moratti infatti si è mostrato reticente è anche perché in questo momento tutto si potrebbe dire di lui, tranne che abbia le idee chiare. E nell’indecisione l’ago della bilancia saranno proprio i dettagli di cui sopra. Una singola frase su Twitter, una parola in una conferenza stampa, una inutile rincorsa a un pallone che sta finendo oltre la linea, un cambio al posto di un altro, un gol sbagliato, un “infortunio misterioso” di troppo: siamo certi che nella testa di un presidente-tifoso tutto abbia un peso e che i vari eventi, purtroppo, si sommino fra di loro senza cancellare quelli del passato, influenzando la situazione in maniera esponenziale. Il risultato è che prima o poi sarà necessario tirare delle conclusioni: resta da vedere se a quel punto saranno ancora i pensieri di pancia a essere repressi o quelli di testa.