FOCUS – Moratti & Zanetti: destini incrociati
di Nunzio Corrasco.
Sabato scorso abbiamo assistito all’ultimo atto di una storia d’amore durata quasi 19 anni; Inter-Livorno è stata infatti l’ultima partita di Massimo Moratti da azionista di maggioranza dell’Inter e probabilmente anche da Presidente. È stata una sfida dal sapore particolare, sicuramente storica in quanto ha segnato il confine tra due epoche: quella ormai terminata di Massimo Moratti e quella nascente di Erick Thohir.
Per il nostro attuale Presidente non sarà stato semplice cedere la sua creatura, decidere di staccarsi quasi definitivamente da qualcosa che ha rappresentato la storia non solo di Massimo ma della famiglia Moratti in generale. Il patron nerazzurro ha sempre considerato la Beneamata come un bene di famiglia, non una semplice squadra di calcio ma un modo di essere; Moratti è stato un perfetto esempio di “interismo“. Ha personificato in se tutte quelle caratteristiche proprie della squadra con i colori del cielo e della notte; l’Inter ha infatti qualcosa di speciale, qualcosa che la distingue da qualsiasi altra compagine al mondo, che la fa essere diversa, non una squadra come tante altre ma una centrifuga di emozioni, orgoglio, passione, appartenenza e pazzia, un cocktail che rende la nostra amata Inter portatrice sana di fascino ed imprevedibilità. In questi 19 anni di Presidenza, Massimo Moratti ha vinto praticamente tutto: cinque Scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe italiane, una Coppa Uefa, una Champions League ed un Mondiale per Club. Il numero uno nerazzurro ha conquistato ben 16 trofei e ad alzarli al cielo ci ha pensato quasi sempre Javier Zanetti.
Pupi è stato il primo acquisto dell’era Moratti; il Tractor arrivò all’Inter nell’estate del ’95 insieme a Rambert, e fu proprio l’acquisto di quest’ultimo a suscitare le maggiori aspettative nel popolo nerazzurro. Ben presto però si comprese come il calciatore “vero” tra i due fosse invece Zanetti, tanto che l’allora Capitano nerazzurro Giuseppe Bergomi, confessò successivamente di aver avuto fin da subito la sensazione di trovarsi di fronte ad un calciatore speciale: “Primissimo allenamento, facciamo possesso palla. Lui non la perde mai, gli resta sempre incollata al piede. Quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia dell’Inter“. In effetti la sensazione dello “Zio” si è rivelata esatta; Zanetti ha scritto la storia del club nerazzurro, diventandone una vera e propria bandiera. Il nostro Capitano è un uomo speciale prima ancora di essere un calciatore straordinario; se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi sulla grandezza di Pupi, questi sono stati definitivamente fugati da quanto successo negli ultimi sei mesi, a partire dal 28 aprile scorso in quel di Palermo.
Per qualsiasi calciatore “normale”, alla soglia dei 40 anni, la rottura del tendine d’Achille avrebbe significato la fine della carriera; ma Javier non è mai stato, non è e non sarà mai un calciatore “normale”. Il suo infortunio ha ricordato per molti versi quello subito solo un paio di settimane prima, dalla stella dei Los Angeles Lakers, Kobe Bryant. Anche se nel caso di Kobe lo sport di riferimento è il basket, si possono notare delle similitudini nei due casi; infatti oltre ad aver subito entrambi la rottura del tendine d’Achille, entrambi sono al di là con gli anni ed entrambi sono dei professionisti straordinari, connaturati da un grande amore e da una grande passione per i rispettivi sport. Per comprendere l’unicità di Zanetti basti pensare che pur con 5 anni in più del cestista americano e pur avendo subito l’infortunio qualche settimana dopo rispetto alla stella della Nba, il nostro Capitano è già tornato in campo in una partita ufficiale, mentre Bryant è ancora lontano dal ritorno sul parquet degli stadi americani. Anche il nostro Capitano inoltre è, al pari di Massimo Moratti, un simbolo vivente di “interismo”; è sempre stato un esempio di lealtà, onestà, educazione e professionalità, una delle poche bandiere rimaste nel campionato italiano e per questo stimato in modo trasversale nel mondo del calcio.
Il trattore nerazzurro meritava di ritornare a calcare i campi verdi degli stadi italiani e meritava di farlo in un contesto diverso da quello amareggiante della passata stagione, meritava di farlo in un’Inter nuovamente competitiva, com’è quella di Mazzarri. L’inutile partita di Palermo non doveva e non poteva essere nella maniera più assoluta l’ultima recita dello straordinario copione che il Capitano ha scritto in maglia nerazzurra. Zanetti meritava di essere nuovamente applaudito e i tifosi nerazzurri meritavano di ritornare ad applaudirlo in campo, al Meazza, fosse stato anche solo per un minuto, come spesso ha ripetuto lo stesso Pupi. Il Capitano dunque è una persona speciale, un personaggio più unico che raro nel mondo del calcio, come unica è per lui la Beneamata: “L’Inter è sempre sola nel senso di solitaria, staccata da tutto il resto, al confine; è sola nel senso di unica, nel modo di pensare, di agire e di rapportarsi con il mondo. Non mi stancherò mai di ripeterlo, a costo di sembrare banale: l’Inter è una creatura diversa rispetto a tutte le altre squadre”.
I destini di Zanetti e Moratti sembrano dunque essere assolutamente legati tra loro; l’argentino come detto in precedenza è stato il primo acquisto dell’era Moratti; ha segnato nella sfida che ha consegnato il primo trofeo al nostro attuale Presidente (Zanetti realizzò il secondo gol nella finale di Coppa Uefa del 1998) ed è tornato a calcare il terreno di gioco, dopo il grave infortunio subito nell’Aprile scorso, proprio nell’ultima partita di Moratti da azionista di maggioranza dell’Inter. Inoltre il nostro Capitano ha più volte ribadito come, una volta appesi gli scarpini al chiodo, gli piacerebbe rimanere nella grande famiglia nerazzurra, magari con un ruolo dirigenziale. L’uscita di scena di Moratti, che a differenza di quanto accaduto finora non potrà avere un peso dirimente nelle decisioni prese dalla nuova Inter targata Thohir, non faciliterà la scalata di Zanetti nell’organigramma societario nerazzurro; il Capitano dovrà quindi conquistare in prima persona la fiducia e la stima di Thohir, impresa questa non impossibile considerando le qualità umane di Pupi.
Insomma in questi giorni si sta concludendo un’epoca caratterizzata da moltissimi successi; un’era nella quale Moratti e Zanetti sono stati protagonisti indiscussi. Entrambi hanno rappresentato dei perfetti modelli di “interismo“, hanno fatto sentire orgogliosi milioni di tifosi nerazzurri; i loro destini si sono incrociati in questo fantastico percorso durato quasi 19 anni, un lungo tragitto che ha consentito loro di scrivere pagine indelebili della storia interista. I tifosi nerazzurri ameranno per sempre questa “strana coppia“, nella speranza che il loro esempio possa ispirare le azioni di Thohir e della cordata indonesiana; nel frattempo però, fino a quando Moratti e Zanetti continueranno ad avere un ruolo nella compagine nerazzurra, sia esso in campo o dietro ad una scrivania, continuiamo a sostenerli e a goderceli. Entrambi sono e resteranno per sempre “portatori sani di interismo“.