FOCUS – Dal Campus al campo: Jeison Murillo è pronto a prendersi l’Inter
Alzi la mano chi avrebbe mai puntato un euro sulle qualità di tale Jeison Murillo ai tempi della stretta di mano tra Piero Ausilio e Gino Pozzo dello scorso inverno. Anzi, alzi la mano chi sapeva chi fosse il colombiano soltanto qualche mese fa. Il calcio, a volte tiranno ed a volte magnanimo, regala storie come quelle del nuovo numero 24 dell’Inter, passato senza nemmeno esordire in gare ufficiali nerazzurre da piatto di contorno a portata extra lusso per palati fini. In realtà l’operazione fatta per tempo (chiusa lo scorso gennaio) sembra almeno ad oggi una mossa vincente: una Copa America impeccabile, condita dal prestigioso riconoscimento di miglior giovane della competizione, avrebbe incrementato e non poco il prezzo di un giocatore già di per sè appartenente ad una bottega carissima come quella del patron di Udinese, Watford e Granada. A folgorare gli osservatori nerazzurri sarebbero state proprio una serie di prestazioni con la maglia biancorossa: su tutte il match tra il club andaluso ed il Barcellona di Messi, rimbalzato più volte sul muro di gomma colombiano, protagonista di una gara perfetta contro il più ostico degli avversari. Non è una coincidenza: una delle più grandi capacità del giocatore sudamericano sembra proprio essere quella di esaltarsi nei momenti di maggiore difficoltà e nelle sfide più difficili, come avvenuto ad esempio nel recente incontro di Copa America contro il Brasile di Neymar e compagni, dove oltre ad una prestazione di assoluto rispetto da difensore riuscì a distinguersi anche in zona gol, bruciando Jefferson con un preciso fendente lasciato partire dal cuore dell’area di rigore. Mani a cuore e corsa forsennata: Jeison in quel momento conquistò l’intera Colombia ed una buona fetta d’Italia a tinte nerazzurre, collegata con il Cile in un’afosa notte di giugno per ammirare per la prima volta in diretta ed in un match sentitissimo il nuovo acquisto. Di fronte a lui, dalla parte opposta de campo, c’era invece Joao Miranda, capitano del Brasile e prossimo compagno di Jeison, protagonista come il collega colombiano di una gara attenta e da vero leader. Proprio in quella partita si iniziò a fantasticare sulla coppia che i due avrebbero potuto formare in nerazzurro, provando a rattoppare quella difesa reduce da ben quarantotto reti subite durante il corso della passata stagione.
Finita la Copa, rinunciando anche a qualche giorno in più di meritata vacanza, l’ormai ex Granada si mette subito a lavoro per prendersi quell’Inter che tanto aveva desiderato da bambino. Chiariamo: non è una frase di circostanza nè il classico clichè del giocatore che prova subito a farsi amare dai tifosi, è la realtà. Murillo infatti è uno dei tanti bambini di Inter Campus, fortunato protagonista di una favola lunga quasi una vita. Il sogno porta con sè delle responsabilità, su tutte quella di guidare un reparto che ha perso la fiducia di un ambiente tanto esigente quanto empatico, subito in grado di dar vita ad un feeling speciale in caso di impegno, volontà e dedizione, elementi che a Murillo non sembrano mancare. Tatticamente parlando non risulta particolarmente complesso fare centro nell’analisi del giocatore: marcatore moderno e mobile, abilissimo nel gioco aereo (ed acrobatico, guarda QUI un super gol in rovesciata) e votatissimo al gioco d’anticipo. Inutile perder tempo con paragoni azzardati e pesanti, ma il collegamento con Ivan Ramiro Cordoba sembra naturale, come ammesso più volte da entrambi i protagonisti e dall’altro nerazzurro colombiano Fredy Guarin (leggi QUI). Un profilo di qualità e decisamente adatto alle esigenze nerazzurre: le caratteristiche del giocatore, oltre a non essere totalmente identiche a nessun altro dei centrali del roster difensivo, sembrano addirittura essere compatibili con tutti i componenti di quest’ultimo, regalando quindi a Mancini più soluzioni anche in base all’avversario da affrontare. Restare da valutare l’aspetto psicologico del giocatore, non ancora visto all’opera in nerazzurro “quando il gioco si fa duro“, ma i precedenti con la maglia della nazionale lasciano ben sperare anche se al momento non possono costituire elementi totalmente affidabili per costruire l’identikit del giocatore, visto che abbiamo imparato a nostre spese che l’Inter è un vero e proprio mondo a parte. Altro aspetto da analizzare riguarda la tenuta fisica: qualche infortunio di troppo durante la seconda metà della scorsa stagione ed una frattura nasale che lo obbliga a giocare mascherato. Quanto influiranno sull’inizio di stagione del nuovo muro nerazzurro? Speriamo poco, così come speriamo che il destino, dopo averlo vestito di nerazzurro prima da bambino e poi da uomo, possa riservagli una carriera luminosa e degna di quei colori tanto amati.
di Giuseppe Chiaramonte