FOCUS – Orfani di Campagnaro
Ci sono giocatori che non riescono a lasciare il segno in due anni, altri che invece si rendono indispensabili in meno di due settimane. Ad esempio, uno come Hugo Campagnaro è uno di quei difensori che rappresenta il jolly pescato dal mazzo di un mercato figlio della crisi e che vince gli scetticismi immediatamente, impattando di petto su un ambiente delicato ed affamato come l’Inter. Nel ritratto che si può tracciare del Toro di Moron, c’è tutto ciò che un calciatore deve mettere nel motore della squadra per spingerla alla sua forza massima.
ASSO PIGLIATUTTO – L’importanza tattica di Campagnaro è merce rara tra i suoi colleghi di reparto, compagni e non. Il numero 14 argentino è uno di quei giocatori che fiuta il pericolo prima di tutti e anticipa le mosse dell’avversario, si propone come falso regista spesso e volentieri e tiene unito e compatto il centrocampo sulla fase di non possesso dettando i tempi dell’anticipo. L’impatto di Campagnaro su tante azioni pericolose avversarie ricorda proprio le dinamiche di un asso pigliatutto, che disinnesca ogni possibile carta vincente pulendo la sua zona di campo come fosse un tavolo da gioco. Della sua saggezza tattica usufruisce anche Ranocchia, mai colto di sorpresa nell’uno contro uno a campo aperto e mai costretto a guidare la difesa, situazione che purtroppo non gli riesce bene da diverso tempo. Lui e i compagni ringraziano la duttilità dell’argentino che lo porta a trasformarsi ora in direttore dell’orchestra difensiva, ora in operaio che tampona dando anche la più piccola falla che si apre nella zona in cui sta operando. Una benedizione tattica a parametro zero con il solo cruccio di un carta d’identità rinnovata troppe volte: oggi Campagnaro si riassume così.
LASCIATE OGNI SPERANZA – Se qualcuno non avesse mai visto Campagnaro, l’elogio di cui sopra pagherebbe pegno alla fisionomia che se ne può immaginare: senso della posizione ed intelligenza tattica sembrano doti da regista consumato, ruolo con cui effettivamente Hugo iniziò la sua carriera italiana a Piacenza. Immaginiamo ora di focalizzare Campagnaro in una fase di gioco a caso: scommettiamo che la prima cosa che vi viene in mente è un calciatore grintoso che mette in bella mostra il paradenti e dallo sguardo che dà l’impressione di non temere niente e nessuno. Abbiamo indovinato? Non così difficile, giacchè il fedelissimo di Mazzarri è soprattutto un leader carismatico, capace di guidare i compagni là dove da soli risulterebbero meno efficaci. Con lui in campo l’impressione è che sia tutto sotto controllo, una piacevole sensazione di solidità ritrovata dai tifosi nerazzurri dopo un anno di lezioni di ballo ogni maledetta Domenica. Abbiamo visto passare un giocatore simile nel carattere, che rispondeva al nome di Lucio, che però era certamente meno intransigente dal punto di vista della disciplina tattica. Se esistessero i sillogismi nel calcio potremmo dire che Campagnaro è più forte del Lucio versione 1.0 con vista sul Triplete, ma siccome in questo sport la scienza che se ne può applicare non potrà mai essere esatta, ci limitiamo ad accostarli. Certamente, se Dante Alighieri li avesse visti giocare, avrebbe dato la loro immagine per descrivere al meglio come gli avversari lascino da parte le loro velleità quando si trovano nelle loro zone, parafrasando uno dei versi più famosi della Divina Commedia. IMPRESCINDIBILE – Come si può allora fare a meno di questo tipo di giocatore senza remore? I risultati dicono che non è possibile. In 5 partite con Campagnaro l’Inter ha subito due gol facendo 13 punti, in due partite senza di lui il bottino è stato di un punto, 1 gol fatto e ben quattro subiti: in pratica la difesa dell’Inter ha concesso il doppio agli avversari nella metà delle partite. Anche nel match di domani l’unico Toro che vedremo sarà purtroppo dipinto sulle maglie dei nostri avversari, facendo così sfumare l’idea che ingolosiva tutti i tifosi nerazzurri: la granitica coppia con Walter Samuel che Campagnaro avrebbe formato. Le alternative non mancano ma il carisma serve a questa squadra che, come ogni cantiere che si rispetti, non ha ancora assunto una forma visibile e quantificabile e necessita come il pane di un condottiero sul campo che ne modelli gli aspetti dalle fondamenta. Mazzarri non si priva di lui in nessuna squadra in cui approda, forse proprio perchè Campagnaro è la sua estensione in campo: carica, grinta, personalità, lavoro ed intelligenza calcistica. Le dirò, caro Mister, che oggi ci sentiamo tutti un po’ come lei si sentirebbe se lavorasse senza Hugo: orfani. Lei lo sa da quasi 10 anni, ma a noi per capirlo sono bastati meno di due mesi.