FOCUS – Appesi ad una treccia: l’importanza di Don Rodrigo.
Focus Palacio: tutto sulle spalle di Rodrigo, attaccante di rara intelligenza
Come nella staffetta, specialità dell’atletica leggera dove gli atleti consegnano al compagno il testimone, simbolo di successione e collaborazione, il calciomercato passa ormai definitivamente parola al campo, al calcio giocato. E’ stato un passaggio travagliato: dopo un inizio scoppiettante, coronato dagli acquisti di calciatori importanti come Medel, M’Vila ed Osvaldo, ecco una piccola frenata nelle ultime ore di calciomercato, dove forse anche il più pessimista dei tifosi si aspettava qualcosa in più, specialmente nel poco assortito reparto avanzato.
Le ultime due stagioni avevano gettato parecchie ombre numeriche sui finalizzatori nerazzurri: servivano forze nuove, capaci di far rifiatare gli unici tre uomini a disposizione, artiglieria troppo leggera in vista di ben tre competizioni. Analizzando l’odissea offensiva 2012-2014,l’unico intoccabile da due anni a questa parte è stato (e ad oggi continuerà necessariamente ad esserlo) l’argentino Rodrigo Palacio, calciatore sublime, forse poco fortunato rispetto ad altri colleghi, essendo esploso troppo tardi a livello internazionale. Rodrigo vanta un’intelligenza tattica senza eguali: cervello da centrocampista, corsa da esterno, piede da trequartista e freddezza da attaccante. La poco cinica Inter di Torino ha dimostrato una quasi totale dipendenza dalle giocate, ma soprattutto dai movimenti dell’ex attaccante di Genoa e Boca Juniors, capace di spingere verticalmente la manovra nerazzurra, grazie ad un moto continuo ed a tratti asfissiante per le difese avversarie, puntualmente di fronte al classico calciatore “difficile da marcare”. Già dall’esordio stagionale casalingo contro il Sassuolo il 3-5-2 di Mazzarri potrà poggiare le proprie basi sui movimenti dell’argentino, reduce da un Mondiale positivo sotto l’aspetto nazionale ma non fortunatissimo a livello personale: pochi minuti giocati ( soprattutto a causa dell’incredibile assortimento offensivo dell’Albiceleste), qualche noia alla caviglia ed una palla gol negli ultimi minuti della finalissima contro la Germania da gestire diversamente.
Il calcio funziona cosi: Rodrigo a trentadue anni suonati si ritrova ad essere il meccanismo chiave attorno al quale far ruotare il nostro macchinario, a tratti effervescente ed a tratti evanescente. In maglia nerazzurra solo tante gioie a livello personale: dal gol capace di chiudere la pratica Juventus nella trasferta più bella del post-triplete, fino all’incredibile gol di tacco nel derby della Madonnina, con il quale stese il Milan in una fredda domenica d’inverno. Giocate che non hanno età, che rendono Palacio uno dei calciatori più apprezzati dell’intero panorama nazionale. Il primo a volerlo in nerazzurro fu la meteora nerazzurra Gasperini all’inizio della stagione 2011-2012, rimasto sulla panchina dell’Inter per sole tre giornate, e sponsor del giocatore già dai tempi della condivisa esperienza genovese. Palacio non arrivò, e continuò ad incantare il pubblico rossoblù fino alla stagione successiva, quando l’allora presidente Moratti regalò il calciatore al tecnico Stramaccioni. Con il romano inizio scoppiettante: con Cassano e Milito costituiscono un trio perfetto e ben assortito, finito poi in naftalina a causa degli infortuni e delle incomprensioni che hanno poi contraddistinto l’avventura dell’attuale tecnico dell’Udinese. Il resto è storia recente: la scorsa stagione ci regala il solito Rodrigo trascinatore, seconda punta ma anche prima, a causa dei lunghi infortuni di Milito ed Icardi e l’inadeguatezza di Belfodil, rispedito a Parma dopo una stagione equamente divisa tra Milano e Livorno.
Come già detto, e come facilmente intuibile, già da domenica prossima torneremo ad essere tutti aggrappati alla sua lunga e preziosa treccia, metaforicamente pendenti dal suo capo: non mollare Rodrigo, continua a trascinarci per il terzo anno consecutivo, perché senza te è tutto più difficile.