FOCUS – Quella coppetta là…
di Giorgio Crico.
Due settimane consecutive di coppa Italia ci hanno regalato ben 210 minuti di Inter in chiaro sulla televisione di Stato nel giro di una settimana, cosa che ormai capita solo di rado, essendo che in Europa League le italiane sono sempre tante e la Mediaset è costretta a farle vedere ?a targhe alterne?. Qualunque sia la ragione, tutta questa rinnovata esposizione mediatica della coppa Italia ha rinfocolato l’annoso dibattito sulla formula che deve avere la manifestazione calcistica italiana più bistrattata di sempre.
Tra chi si batte come un leone perché si assuma davvero il formato da FA Cup inglese e chi sostiene che bisognerebbe tornare al passato con andate e ritorni e ancora chi ritiene che l’attuale formato non sia poi così male, l’unico obiettivo è sempre e comunque uno: cercare di rendere più attraente questa competizione, sia per i potenziali spettatori sia per le squadre che desiderano prendervi parte. Onestamente, quanto spesso s?è parlato delle ?grandi che snobbano la coppa Italia?? E? ormai diventato qualcosa di più di un leit motiv, è uno stucchevole ritornello di tutti quei pessimisti che sostengono di non guardare più il calcio italiano perché adesso è diventato solo un carrozzone infestato dalla politica, dal potere e dalle cospirazioni di alcuni ?poteri forti? mai meglio specificati.
I reali motivi della (purtroppo) reale flessione d?interesse che ha avuto il nostro mondo pallonaro? In realtà la combinazione di tre elementi: soprattutto la crisi economica e in secondo luogo l’onda lunga di Calciopoli e la crescita verticale degli altri tornei europei. In questo scenario si può ben immaginare che interesse sia stato riservato alla nostra Coppa nazionale: persino le piccole la giocano malvolentieri e con le squadre imbottite di riserve perché temono di perdere energie preziose per raggiungere la salvezza o l’Europa League in campionato, le grandi, che magari hanno anche l’impegno europeo, non vogliono dissipare le proprie forze alla ricerca di un trofeo di scarso prestigio a cui si arriva con un impegno (relativamente) lungo e che consente la qualificazione solo all’Europa League e non a traguardi più ambiziosi (leggi Champions League), oltre a un premio monetario ridicolo per le casse delle squadre più forti d?Italia (ridicolo dal loro punto di vista, ovviamente non in senso assoluto).
Dunque che succede? Visto che tanto il pregiudizio ormai c’è ed è inattaccabilmente consolidato, le formazioni messe in campo dai top club sono infarcite di seconde linee (talvolta anche terze) peggio delle squadre che lottano per la salvezza o di quelle di serie B, con la speranza di passare il turno senza troppa fatica e arrivare alle semifinali. Da lì in poi, visto che sono solo tre partite, si ricomincia a schierare titolari o presunti tali per poi cercare di vincere il trofeo che a quel punto è diventato interessante (a causa dello sforzo ridotto che da quel punto in poi richiederebbe). Altro particolare non irrilevante che dona beltà alla Coppa da febbraio in poi è che si può ipotecare la semifinale quando è ancora tutto aperto in campionato e poi doverla giocare solo a conti ormai chiusi con la serie A, per cui la manifestazione può essere all’occorrenza investita dell’importantissima ?funzione salvagente? che garantisce meno rumore dei tifosi rispetto a una stagione completamente senza trionfi.
In realtà l’Inter non ha mai sottovalutato la competizione, nemmeno in quegli anni in cui avrebbe voluto dedicarsi di più e meglio alla Champions League (il Triplete ne è la prova più fulgida e lampante), riconoscendo alla coppa Italia lo status di trofeo serio e comunque importante. Anzi, la coppa nazionale ha avuto un?importanza capitale nello sviluppo e nella crescita esponenziale della mentalità vincente dei nerazzurri, successivamente esplosa nella seconda metà degli anni 2000. Infatti, le due coppe consecutive targate 2005 e 2006, di fatto, contribuirono a instillare nei giocatori la convinzione di poter essere in grado di vincere, idea che venne poi sublimata grazie anche alle acquisizioni di giocatori importanti nel post Calciopoli.
Diciamoci la verità fino in fondo: come si può pensare che alcuni tornei diciamo così ?diversamente impegnativi? come la Supercoppa Italiana, quella Europea o il Mondiale per Club siano davvero più difficili della coppa Italia? Sono trofei che si possono vincere azzeccando solo 90? (180? nel caso del Mondiale) e, d?accordo, l’avversario sarà spesso di grande spessore e in due casi su tre anche di caratura internazionale, ma andiamo! E? molto più complesso affrontare un Sassuolo assetato di sangue che non un Mazembe qualunque, suvvia. Se valorizzata in modo ottimale (quindi magari con la vittoria che consenta l’accesso in Champions e con la partita secca da disputare in casa della squadra più debole), la coppa Italia potrebbe diventare teatro di alcune imprese meravigliose che tanto ci affascinano quando avvengono negli altri paesi (ultimo caso: la vicenda del Bradford in Carling Cup).
Dunque forza, su, proviamo a voler un po’ più bene a questa dannata coppa Italia!
PS: un particolare curioso? Finché Ibrahimovic è stato nerazzurro la Beneamata non solo non ha mai vinto la Champions, ma nemmeno la coppa Italia! Che lo svedese sia allergico all’argenteria?