FOCUS-Romance & cigarettes
Due uomini e un posacenere. L’immaginazione fa il resto e, di questi tempi come mai, abbandona i binari del presente per scavalcare a piè pari l’ultimo atto della stagione. Aggiungiamo un tavolo e un paio di sedie, una riserva di “bionde” che di certo sarebbe in cima ai loro pensieri e il gioco è fatto. Massimo Moratti e Zdenek Zeman. Quanto ci sia di vero è riservato ai posteri, se è vero com’è vero che la ridda di nomi che accende la successione a Claudio Ranieri cataloga il nome del boemo solo alla voce “suggestione”. Eppure fu proprio il numero uno di Corso Vittorio Emanuele all’indomani dell’abbuffata griffata Mourinho a candidarlo in maniera provocatoria come successore del portoghese, mettendo nuovamente in circolazione un nome che sembrava legato inesorabilmente al passato. Fu subito… Foggia insieme al diesse Pavone e al presidente Casillo, un deja-vu che aveva il sapore della nostalgia per il miracolo pugliese di vent’anni prima. Squadra costruita in quattro e quattr’otto, giovani di belle speranze mandati dal boemo a farsi le ossa a suon di gradoni, corse estenuanti e rigore tattico. Un parco giocatori valutato quanto un’utilitaria, non è un eufemismo, riuscì comunque a sfiorare i play-off in Lega Pro. Il presente si chiama Pescara, si chiama Insigne,Immobile, Verratti (alzi la mano chi sapeva chi fossero) ma anche Konè, Balzano e Cascione. Calciatori e nomi più o meno noti al grande pubblico, di sicuro funzionali al famigerato “progetto” , che prescinde in tutto e per tutto dagli interpreti. TITUBANZE- Zeman produce bel calcio e giudizi…manichei. Adepti e detrattori senza via di mezzo si confrontano sulla bontà delle dottrine tattiche e sulla statura morale dell’ex tecnico di Roma e Lazio. Chi lo apprezza fa leva sullo spettacolo offerto dalle squadre da lui plasmate e sulla sua totale anarchia nel dorato mondo del pallone, d’altro canto l’interpretazione frizzante che dà di questo sport il boemo fa storcere il naso ai pragmatici, a chi, per intenderci, usa la lavagna per distinguere i “vincenti” dai “perdenti”, a chi sostiene l’assoluta noncuranza dei dettagli del pacchetto arretrato e a chi sospetta che le sue stoccate siano un modo come un altro per non finire nel dimenticatoio, a chi infine insinua che esista un’ipocrisia di fondo nell’accanirsi contro un ambiente nel quale in fondo vuole restare. INTEGRALISMO- In una parola, Zeman. 4-3-3 senza fronzoli, sincero per novanta minuti, mai sbugiardato a prescindere dagli eventi sul campo. Cogliere l’essenza dello sport, inteso come prestazione, è alla base della filosofia del ceco. A testimonianza di ciò occorre rievocare una delle sue massime più note: ” Il risultato è casuale, la prestazione no”. Spaventa e non poco la coerenza tra parole e campo, tra teoria e pratica, specie se vincere è l’unico verbo. Massimo Moratti lo sa, il freno si chiama scommessa, un’altra, l’ennesima dopo le disfatte post-mourinhiane. Il fascino dell’incertezza è però anche stimolo, svolta tutta presidenziale alla faccia delle scelte condivise, un possibile gioco che valga la candela, davvero. Il tifo nerazzurro è precocemente maturato per cause di forza maggiore e non chiederebbe da subito allori e coppe, comunque difficilmente raggiungibili a stretto giro di posta con qualunque tecnico ma cuore, anima e se possibile, un barlume di gioco.
SPIRAGLI- Il paradosso consiste nel fatto che una fantasia agli occhi dei più irrealizzabile, come per magia sia trasformata dalla casualità dei fatti almeno in eventualità. Se davvero, a malincuore, i nostri colori non fossero presenti ad alcuna competizione europea, se prevalesse l’idea di ripartire dalla linea verde mancando gli introiti di Champions ed Europa League con conseguente perdita di appeal anche in tema di campagna acquisti, se il fair-play finanziario dovesse essere ancora il primo comandamento, se dovesse davvero accadere tutto questo, aprite gli occhi, potreste incontrare due uomini che chiacchierano amabilmente di calcio di fronte ad un posacenere stracolmo.