FOCUS – Se la cessione di Icardi diventa una necessità
“Cessione di Icardi necessaria senza introiti Champions? Vengono a mancare risorse importanti ed è normale che qualcuno dovrà partire“. Parole e musica di Piero Ausilio, che in un tweet scopre le carte di una stagione che porterà in dote inevitabili scossoni se dovesse concludersi con il nulla di fatto che si prospetta a tre mesi dal traguardo. Uno scenario che sembrava irrealizzabile non più di un mese fa, quando si sognava in grande in un terminal aeroportuale un’Inter in grado di tornare grande portando i campioni a scapito di anni di magra, eppure ora così vicino ad un compimento che sembra davvero inevitabile. C’è allora da chiedersi come siamo arrivati a questo punto, dopo tanti proclami volti alla conservazione del patrimonio tecnico ed allo sfruttamento a proprio favore degli (esigui) investimenti azzeccati nelle scorse sessioni di mercato: tutto gira attorno a quella Champions League che abbiamo ancora negli occhi sognanti di Madrid ma da cui, tra una delusione e l’altra, manchiamo ormai da tre anni con vista sul quarto. In mezzo al guado sono passati quattro allenatori, due presidenti, un deciso restyling al management, l’addio degli argentini,un prestito da una banca d’affari e la caccia grossa della Uefa a pregiate prede in rosso ma quella musichetta magica ancora non risuona nelle nostre orecchie. Ed è un problema serio, numeri alla mano. Tra market pool, diritti televisivi ed altri proventi, l’accesso alla fase a gironi per una squadra italiana è oggi un affare mediamente stimato intorno ai 40 milioni, una somma che può fare tutta la differenza sull’andamento della stagione: tanto ha incassato ad esempio il Napoli nella scorsa stagione, con il Milan arrivato a quasi 38 milioni e la Juventus che ha preso il largo incassandone ben 50 . Le casse in difficoltà respirano e danno il la ad una rinnovata progettualità, quelle tranquille possono alzare l’asticella dell’ambizione reinvestendo il capitale in entrata su nuovi fronti di mercato e di ricavo: tutta un’altra storia rispetto all’Europa League, dove un ottimo e faticoso cammino vale una cifra compresa tra i 10 e i 15 milioni a seconda di quanto si è effettivamente vinto. Va da sè che il conto non torna: vero è che l’Inter può ancora arrivare in Champions League via Varsavia, altrettanto vero è che oggi in pochi ci potrebbero scommettere lucidamente. La Uefa è sempre lì, con la lente puntata su Thohir ed i suoi uomini, desiderosa di monitorare i progressi che verranno operati sui conti di fine stagione a fronte di un impegno che dovrà certamente obbligare l’Inter ad abbassare gradualmente il proprio passivo nel bilancio fino al cosiddetto break even, il pareggio di bilancio che rappresenta il punto di approdo attorno a cui gira l’intero Fairplay Finanziario. L’impatto della scoppiettante sessione invernale non pesa ancora, grazie ai sacrifici di Duncan e Bonazzoli che hanno colmato almeno fino a giugno gli affari in entrata conclusi nel mese di gennaio, ma dall’anno prossimo sarà molto più dura: gli ingaggi diventano pieni, iniziano le rate dei pagamenti dilazionati ed i mancati ricavi che si prospettano all’orizzonte non possono realisticamente portare un miglioramento nei risultati economici della Società nerazzurra. Le proiezioni degli esperti settoriali sul bilancio 2014/15 evidenziano un trend positivo, dato dall’essersi liberati di ingaggi pesantissimi e dalle possibili plusvalenze già in programma che dipendono dai risultati degli acquirenti: Alvarez, in caso di Sunderland salvo, produrrebbe una plusvalenza di circa 8 milioni di euro ed i fari restano puntati anche su Mbaye (legato alla promozione del Bologna) e Schelotto (salvezza del Chievo e 25 presenze). I circa 40 milioni della Champions mancata, però, rischiano di invalidare tutto questo nel bilancio della stagione successiva. L’unica via rimane il “player trading” cioè gli incassi dalla vendita dei giocatori, come sottolineato dal DS dell’Inter a precisa domanda. Ci si affanna a spendere il nome di Samir Handanovic, che è vicino alla scadenza e sembra avere voglia di cambiare aria: la sua cessione oggi è stimata attorno ai 15 milioni di euro, che ne costituiscono 10 di plusvalenza. Una cessione importante che farebbe però fatica a colmare il buco lasciato dalla mancata qualificazione alle coppe, anche e soprattutto perchè ci si deve aspettare che l’Inter sia costretta a reinvestire su un altro portiere, considerando che le soluzioni interne come Bardi ad oggi non danno garanzie di successo. Stesso discorso per quei giocatori che oggi in molti considerano esuberi: si possono vendere elementi come Guarin, Kuzmanovic, magari anche Nagatomo ma andrebbero tutti sostituiti e non è così realistico pensare, date le esperienze, che con i prestiti ad obbligo di riscatto si possano acquistare giocatori di qualità superiore a quelli citati. Sfogliando la margherita, si scopre allora che gli agnelli sacrificali rimangono due: Mateo Kovacic e Mauro Icardi, ovvero gli unici giocatori che ad oggi possono portare nelle mani dell’Inter offerte superiori ai 20 milioni. Se per il croato acquistato nel 2013 non sembra ancora il momento per massimizzare la sua valutazione e quindi l’investimento, per Maurito l’occasione potrebbe essere propizia se guardata dal punto di vista meramente economico: a bilancio 2015 per 7,8 milioni di euro, per l’argentino ci si può attendere un’offerta di 30 milioni dalla Premier League che andrebbe a generare una plusvalenza superiore ai 20 milioni, una cifra che può diventare necessità più che scelta quando si tratterà di fare i conti della serva all’Inter. La ancora scarsa predisposizione al gioco di Mancini ed un rapporto con i tifosi non sempre idilliaco potrebbero fare il resto. Resta chiaro che dal punto di vista tecnico, l’azzardo è grosso: rimpiazzare Icardi con chiunque altro può anche non pagare dal punto di vista della prolificità e soprattutto della rivendibilità. Del resto però, tante grandi storie sono iniziate con una cessione che nessuno voleva. Come nel 2009, quando il mal di pancia di Ibrahimovic fece tremare il popolo dell’Inter e la vendita che ne conseguì fu benedetta meno di un anno dopo dal popolo nerazzurro in un delirio di gloria. Un nuovo inizio è possibile per un ambiente obbligato a guardare avanti: la necessità può ancora una volta diventare virtù.