FOCUS – Thohir nel paese delle meraviglie mediatiche
Quanto é lunga la strada dall’Indonesia all’Italia, Erick Thohir lo sapeva già da qualche anno. Ciò che non sapeva é quanto sarebbe stata lunga la strada per proporre in Italia una tipologia di business alternativa a quella italiana, che se fosse stata vincente non avrebbe mai avuto bisogno di capitali stranieri in entrata. I capitali, già: come novelli advisors dell’ultim’ora si stanno tutti preoccupando di capire, a distanza di un anno e mezzo dall’insediamento, quanti soldi ha realmente in tasca Thohir. Può succedere dunque che il Corriere della Sera pubblichi all’improvviso un articolo che viene presentato come inchiesta. Secondo la Treccani, l’inchiesta é un’ “indagine svolta oralmente o per iscritto per determinare lo stato oggettivo di fatti, situazioni, e sim.”, pertanto se ne evince che quanto emerge dall’indagine sia utile e funzionale al fare luce su determinate oscure dinamiche. Quanto emerge dall’articolo, oltre ad un revisionismo geografico che colloca le Isole Cayman nel Pacifico con buona pace della splendida parte di Atlantico che bagna l’arcipelago, é di fatto un vortice intenso di numeri , percentuali, termini tecnici e quesiti proposti e lasciati aperti. La luce che dovrebbe fare l’inchiesta è ottenebrata in partenza dall’ossimorico titolo da sbattere in pasto a stampatrici e motori di ricerca: “La selva oscura“. E infatti l’oscurità delle ombre gettate appositamente per creare scompiglio, confusione e richieste di chiarezza, che dovremmo porre più alla testata giornalistica che alla Società, attecchisce perfettamente. Perchè, diciamocelo senza problemi e senza remore: il tifoso dell’Inter di quell’articolo non ci ha capito veramente niente. Già fa fatica a padroneggiare diagonali,sovrapposizioni, e moduli, figuriamoci se si può improvvisare Alan Friedman da un giorno all’altro. L’inchiesta gira intorno al discorso in un circolo di paroloni inquietanti e numeri sconfortanti senza mai arrivare al punto focale di tutto: ma lo scandalo alla fine dove sta? Il discorso è in realtà molto semplice: la struttura di cui si parla è fatta da Shell Companies, cioè Società che sono gusci vuoti a cui scaricare asset e rischi e che, pensate un po’, sarebbero addirittura senza dipendenti. Del resto pare proprio strano che in queste Società, utilizzate come veicolo unicamente in presenza di operazioni finanziarie di alto livello , non ci sia quantomeno una “Sciura Maria” a rispondere al telefono,a smistare la posta e a preparare il caffé. Sarebbe uno scandalo vero, se non fosse che nel resto del mondo occidentale le shell companies sono qualcosa di incredibilmente normale. Per ulteriori informazioni chiedere ai club della Football Association inglese: 28 su 92 hanno sedi registrate all’estero, la metà in paradisi fiscali. Alla luce del sole caraibico, perchè ciò di cui stiamo parlando è qualcosa di perfettamente legale. Magari possiamo discutere di quanto tutto ciò non sia eticamente il massimo, ma è questa la direzione di business in cui il mondo sta andando: è il capitalismo, bellezze. Nel momento in cui si apprende che da almeno quattro anni una Società come il Manchester United sta utilizzando questa struttura societaria, fatturando cifre che l’intera Serie A non vede neanche in cartolina, forse è il caso di porsi due domande su chi sta facendo business concreto e chi sta facendo cagnara aleatoria. Anche perchè raccontare ancora la favoletta del “Presidentissimo all’italiana” come modello vincente di business risulta francamente ridicolo, oltre che quantomai anacronistico e miseramente provinciale. Alle lacune in termini di concretezza del Corriere ha provato a supplire questa mattina la testata gemella, cioè la Gazzetta dello Sport che articola meglio la spiegazione per poi concludere nell’unico modo possibile: quanto si sta facendo è legale. Però, perchè ormai il macigno nella pozzanghera è tirato e non ci si può fermare all’improvviso, tutto ciò non è che vada così bene, perchè “la trasparenza finanziaria” e “gli obblighi morali” sono cose dovute e obbligatorie quando si ha una squadra di calcio. Vero, se fossimo in un sistema sano, etico, virtuoso e rispettoso. Solo che noi siamo nel paese dove il Parma, prima di fallire nell’inadeguatezza delle istituzioni è passata di mano a una holding formatasi due mesi prima di cui nessuno conosceva i proprietari e successivamente a un mitomane che l’ha acquisita a un euro e se la voleva rivendere a molto di più. Siamo nel paese dove la Sampdoria improvvisamente si scopre ricca sfondata pur passando a un soggetto che ha appena commesso bancarotta fraudolenta alla compagnia aerea Livingston, senza che nessuno si sia mai posto delle domande serie in merito. Siamo nel paese dove il Genoa non ottiene la licenza Uefa e come un anno prima con il Parma si grida allo scandalo per l’inezia di un piccolo pagamento ritardato, quando il suo Presidente ha sul groppone un fallimento a Como e una condanna definitiva per illecito sportivo con cui si convive pacificamente, tanto è roba passata. Siamo nel paese dove il campionato ha ormai da qualche anno una giornata bonus, quella dell’ennesimo filone del calcioscommesse dove escono sempre gli stessi nomi che poi rimangono sempre e comunque orbitanti nel mondo del calcio, alcuni di loro anche da protagonisti indiscussi oppure, che so, da Ct della Nazionale. E il problema di tutto questo tourbillon di marciume sembra essere il ridondante ritornello “Thohir ci spieghi“, mentre l’unica cosa che gli si dovrebbe chiedere di spiegare è come si fa impresa, dal momento che lui riesce a farla anche negli Stati Uniti dove la metà dei soggetti del nostro calcio non uscirebbe nemmeno dall’aeroporto, una volta notato il loro curriculum. A quale trasparenza e a quale morale dobbiamo alludere, quindi? Benvenuto in Italia, Presidente. Nel paese delle meraviglie mediatiche in cui tutto é davvero possibile.