FOCUS – Verso il derby: da Baku con furore
di Gianluigi Valente
Sarà che, dal momento del sorteggio del girone di Europa League, l’Azerbaijan è stato l’ultimo pensiero degli interisti; sarà anche che Baku si trova praticamente sul Mar Caspio e, quindi, in un mondo dove il calcio non ha mai sfiorato livelli d’eccellenza; sarà poi che Stramaccioni ha preferito mandare in campo parte delle cosiddette seconde linee; e, infine, sarà anche che è la settimana del derby; ma forse un briciolo d’importanza alla gara di ieri pomeriggio è giusto assegnarlo. E non vuol essere retorica, buonismo, ‘interismo‘ (per dirla alla Beppe Severgnini): vogliamo solo cavar fuori qualcosa di buono da una trasferta che tre giorni prima di una partita così importante poteva solo fare male.
LA PREMESSA – Intendiamoci: quando parliamo di Neftci Baku facciamo riferimento sì alla squadra più forte del suo Paese, ma anche a un team che dal 1937 a 1991 (nell’era, cioè, del campionato che comprendeva tutte le squadre dell’ex URSS) non è andato oltre un terzo posto nel 1966; solo con la nascita di un campionato indipendente i bianconeri sono riusciti a imporsi in patria, senza però mai riuscire a centrare la qualificazione nelle competizioni UEFA. Volendo andare poi al di là del passato degli azeri, il presente ci offre comunque una formazione con limiti tecnici evidenti, soprattutto nel reparto difensivo, come testimoniano i movimenti imprecisi sulle azioni dei gol nerazzurri. In fin dei conti, parliamo di un avversario che potrebbe essere definito ‘cuscinetto‘, una squadra che problemi, forse, non ne avrebbe creati nemmeno alla Primavera.
BUONA FORMA – Precisato ciò, possiamo riportare alla nostra memoria una partita del lontano 2002, rimasta impressa perché assistere ad un 8-0 è cosa più unica che rara: al Mondiale la Germania affrontava l’Arabia Saudita, in un match che a grandi linee aveva un sapore simile a quello di ieri. Troppa netta la differenza tra le due Nazionali in campo, verissimo; ma una squadra che non sia in un ottimo stato di forma riuscirebbe mai a segnare otto reti all’avversario o semplicemente a creare almeno il doppio delle occasioni da gol’ L’Inter di Baku non ha segnato tanto quanto i Panzer di dieci anni fa, ma ha chiuso la pratica già al quarantesimo minuto del primo tempo e ha dato la sensazione di poter decidere quando affondare e quando addormentare la partita: ha dominato in lungo e in largo, ha giocato da grande. E poco importa, a questo punto, se l’avversario non è stato all’altezza della situazione. Ci conforta pensare che un Inter lucida e con carattere l’avremmo vista anche contro una squadra migliore, a prescindere dal risultato finale: d’altra parte, prima del ciclo vincente nerazzurro, non era un gravissimo problema il complicarsi costantemente la vita anche con avversari nettamente inferiori?
TURN-OVER – Se poi si analizzano al dettaglio gli undici titolari scesi in campo, ci si rende conto che quanto detto finora può assumere ancora più valore: Obi rientrava da un infortunio importante, Silvestre non giocava da qualche partita, Mudingayi e Jonathan hanno visto il campo quasi solo dalla panchina, e Livaja non è certamente Milito. Un’Inter B, potremmo definirla, piena di rincalzi (senza offesa, è chiaro), ma bravissima a non sbandare. In questo senso di sicuro una ruolo fondamentale l’hanno svolto Stramaccioni, coach in panca, e Cambiasso, mister in campo: e se quest’ultimo è stato bravo a indirizzare bene i compagni più giovani dal centro della difesa, il primo ha dimostrato di saper rivolgere molte attenzioni anche nei confronti di chi non gioca con continuità. Tutto sommato la stagione è lunga e sarà assolutamente necessario contare sull’apporto di tutti, nessuno escluso.
UOMINI IN PIU’ – Ma cosa più gradita di tutte è il ritorno di Fredy Guarin, che da un paio di settimane era palesemente calato di condizione. Già dalla gara col Chievo si era notata la sua poca brillantezza nel proporsi centralmente ai compagni di fascia; con la Fiorentina Stramaccioni l’ha fatto accomodare in panchina e il riposo, a quanto pare, ha permesso al roccioso centrocampista di ritrovare lo smalto di sempre. Fondamentale nelle azioni dei tre i gol, il numero 14 ieri ha spostato gli equilibri: del resto di questa sua capacità se n’è discusso in abbondanza in passato. Come si è ampiamente parlato della freschezza che può portare quel funambolo di Coutinho. Dopo l’esperienza con l’Espanyol, il piccolo brasiliano sembra un altro giocatore: più convinto, più sbarazzino, anche più concreto negli ultimi 2o metri. Ieri, al di là dei meriti generali di tutta la squadra, Cou e Guarin sono stati gli aghi di una bilancia che ci auguriamo possa pendere sempre dalla parte del Biscione. Già da domenica, soprattutto da domenica. Di sicuro rientreranno tra i titolari Samuel, Ranocchia, Nagatomo, Zanetti e Milito, mentre Coutinho dovrebbe essere riconfermato accanto a Cassano. Ma a prescindere dai nomi, ci auspichiamo di vedere una squadra coriacea e dominatrice proprio come giovedì in Coppa, nel nome di quella convinzione e di quella lucidità che non devono essere influenzati dal nome e dal blasone dell’avversario. Certo, giocando col Milan gli stimoli crescono esponenzialmente (e questa è tutta un’altra storia), ma in una stagione intera non si può vivere di soli derby.