FOCUS – Vice-Milito: la trave nell’occhio
Quello che vi proponiamo stasera è stato di sicuro il tema più scottante degli ultimi giorni dell’estate interista: vice-Milito si o vice-Milito no?! Alla fine è stato un “Non adesso, ma quando capiterà l’occasione“. Così Moratti ha chiuso la campagna acquisti nerazzurra, in un mercato la cui positività dipenderà dai risultati e dal tempo, ma che, quanto meno, è stato degno di avere questo nome. Prima di soffermarci sul mancato acquisto di una punta di riserva, è bene infatti porre l’attenzione sull’antefatto, un po’ come avveniva per i grandi poemi epici del passato. Probabilmente la campagna acquisti dell’Inter non avrà conseguenze epiche in termini di vittorie e successi, ma ha segnato comunque un passo importante per il futuro: vediamo perché.
L’APPARENZA INGANNA – Da un paio d’anni, infatti, qualcuno auspicava grandi cambiamenti e alla fine la grande Rivoluzione di agosto è arrivata. Nel 2010 e nel 2011 il tifoso interista aveva assistito ai timidi arrivi di Coutinho, Biabiany, Alvarez, Jonathan, Nagatomo e Poli rimpolpati da operazioni di mercato che il buon Giovenale avrebbe definito da “Panem et circenses“, ovvero gli acquisti di nomi grossi come Pazzini, Forlan e Zarate, che però fin dall’inizio non hanno mai ispirato fiducia o non sono stati segno di una certa progettualità.
SUPERMERCATO – E’ datata gennaio 2012, invece, l’apertura di un vero e proprio supermercato in corso Vittorio Emanuele: via in pochi mesi gli ‘storici‘ Thiago Motta, Lucio, Julio Cesar, Maicon, Pandev e i tre viandanti raccolti per strada (Pazzini, Zarate e Forlan), rimpiazzati da giocatori i cui acquisti non danno l’impressione di essere timidi contentini con effetto placebo, ma sembrano voler rappresentare l’intento della società di costruire davvero qualcosa di nuovo su basi diverse rispetto al passato: la scelta di confermare Stramaccioni alla guida del gruppo ne è una prova importante. Con gli addii di Lucio, Maicon e Julio Cesar e con la loro sostituzione con altri giocatori meno rinomati ma di livello e di prospettiva (speriamo!) si è chiuso quel cerchio al cui centro si potevano trovare coppe e tituli e se ne è aperto un altro nella cui origine non si sa cosa troveremo fra qualche anno. Forse ci saranno ancora l’immortale Zanetti, l’ancor giovane Sneijder e il Principe dei sogni nerazzurri, quel Diego Milito che nessun interista si augura di vedere con un’altra maglia.
IL VICE-MILITO, PERCHE’ SI – Non abbiamo mai creduto che l’acquisto del famoso vice-Milito fosse subordinato alla partenza del numero 22, sia ben chiaro. Gli interisti sono sempre stati prodighi di riconoscenza, fin troppa a volte, per chi ha portato loro lacrime di gioia e se la dirigenza ha deciso solo dopo due anni di (s)vendere i vari Julio Cesar, Lucio e Maicon, figuriamoci quanto tempo ci vorrà per decidere di cedere Milito. Ma anche se nella scorsa stagione il Principe ha giocato 41 volte mettendo a segno 26 reti e salvando un’annata fallimentare per il club, il tempo passa per tutti e che il Diego nerazzurro possa giocare al massimo delle sue possibilità per altre 40 volte nella stagione appena cominciata è più una chimera che una speranza reale.
TRAVI NEGLI OCCHI – Ma quasi a non voler riconoscere che il nodo del mercato interista fosse rappresentato da altro rispetto alla questione del vice-Milito, quasi a voler spostare l’attenzione da un argomento scottante a uno meno impegnativo, negli ultimi giorni di agosto ci si è soffermati molto sui vari centravanti di riserva che avrebbero permesso al Principe di rifiatare. A volte però non ci si rende conto di avere la risposta al proprio interrogativo a portata di mano. Aprendone il palmo, infatti, scorgeremmo un omino di 30 anni, capello castano chiaro ma rasato, alto circa 175 cm e con il vizio di saper trattar bene il pallone e di saperlo mettere spesso anche in fondo al sacco: il suo nome è Rodrigo Palacio e il suo segno particolare è la treccina che gli scende sulla spalla destra. Per i tifosi che forse ancora non ne hanno compreso le potenzialità, basti dire che, per quanto non sia un centravanti puro, l’attaccante argentino è il tipico giocatore moderno in grado di far bene in qualsiasi zona del campo per diversi motivi: perché da buon sudamericano ha doti tecniche al di sopra della media, perché all’occorrenza ha fatto tanto l’ala di centrocampo quanto la prima punta, e perché 144 gol in 360 partite non costituiscono uno score poco dignitoso.
IL VICE MILITO, PERCHE’ NO – Con un po’ di oculatezza e con un rapido ‘due più due‘ non diventa difficile rendersi conto che Stramaccioni non ha mai schierato due prime punte e che se, in caso di necessità, Palacio ha saputo anche segnare tanti gol da attaccante centrale non c’è motivo di allarmarsi per un problema che non esiste. Inoltre la rosa a disposizione del mister romano è ben attrezzata in termini di mezzepunte e rifinitori: Sneijder, Cassano, Coutinho, Alvarez sarebbero titolari in qualsiasi squadra in Serie A. Il parco giocatori offensivo dell’Inter è forse quello che presenta il minor numero di problemi rispetto agli altri ruoli e non è lo spettro del vice-Milito che il tifoso nerazzurro deve temere. I giocatori di classe fanno la differenza in qualsiasi momento di una gara e l’Inter, in avanti, non ne è sguarnita; la speranza è che la trave nell’occhio abbia solo impedito di scorgere in Palacio un plausibile vice-bomber e non sia stata invece un’ostacolo alla visione di insieme di una squadra che può ricominciare a regalare emozioni ma che, forse, ha ancora bisogno di quadratura e di abbondanza in altri reparti.