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Garlando: “Cosa imparano i bambini da Ibrahimovic e Lukaku? I loro stipendi impongono autocontrollo”

E’ stata sventolata la banderuola del razzismo – inesistente – esercitato da Ibrahimovic verso Lukaku, e in generale della loro lite sono state fornite le versioni più diverse (ma l’hanno vista tutti) mentre gli altri venti giocatori in campo si sono già espressi dicendo che l’episodio è stato, appunto, un episodio di campo: ma non basta, o almeno così pare, perché poi c’è l’argomento – il solito, derivante da un malinteso concetto della responsabilità pubblica – del preteso esempio che i calciatori di Serie A dovrebbero dare ai ragazzini che seguano il calcio in televisione, quasi non avessero, i ragazzini, delle famiglie già incaricate da sé di dare un’educazione ai bambini.

A esprimersi, tra gli altri, in maniera severa rispetto alla baruffa dell’altra sera tra Lukaku e Ibrahimovic c’è anche Luigi Garlando, editorialista de La Gazzetta dello Sport, che sull’edizione odierna del quotidiano rosa firma un editoriale che comincia con queste parole: “Cos’hanno imparato i ragazzi dalla didattica a distanza del derby di Milano? Che insultare, minacciare, rincorrere un avversario, mettersi faccia a faccia, infamare madri e mogli è punibile con un cartellino giallo, come uno sgambetto. Quindi, tutto sommato, si può fare. A poco prezzo”.

Romelu Lukaku, Getty Images

Si chiede quindi Garlando: “Cosa dovevano fare di più Ibrahimovic e Lukaku per farsi cacciare? Espellere già nel primo tempo i due eroi della sfida avrebbe guastato il derby? Un arbitro è tenuto a tutelare anche la qualità dello spettacolo?”. Poi il giornalista parla di Ibrahimovic: “E’ insopportabile il suo bullismo sfottente, la mistica muscolare, il superomismo che riduce ogni confronto a una sfida – scrive – Zlatan ha il diritto di sentirsi Dio, ma il dovere di rispettare le leggi dei mortali”.

La conclusione è riservata a Lukaku: “Lukaku è stato toccato nell’affetto più caro e sensibile, la madre, di cui non ha mai dimenticato sacrifici e sofferenze – continua Garlando – Legittimo il risentimento, ma non può mai diventare l’alibi per minacciare spari in testa, violenze alle mogli altrui e per dimenarsi alla ricerca della giustizia sommaria. Vale per entrambi: nelle regole d’ingaggio è compreso l’autocontrollo. A esasperazioni speciali ed esposizioni speciali, corrispondono stipendi speciali”.

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Lorenzo Della Savia

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