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GdS – Così Inzaghi si è preso l’Inter: coesione e libertà

Simone Inzaghi, nonostante le prime perplessità di alcuni dopo l’ufficialità del suo ingaggio per sostituire Antonio Conte, si è già preso l’Inter. Certo, due partite sono poche e non bastano per tirare le somme e dare giudizi definitivi. Tuttavia l’impressione, come riportato anche da La Gazzetta dello Sport, è che l’ex tecnico della Lazio abbia già in mano lo spogliatoio, che si sia guadagnato la fiducia dei senatori e dei nuovi arrivi.

Il grande merito di Inzaghi, a differenza di come fatto, ad esempio, da Rafael Benitez nel post Mourinho, è quello di non aver stravolto il metodo di lavoro della squadra. Si è appoggiato a quanto di buono costruito dal suo predecessore, senza cancellarne il lavoro, ma integrandolo con il proprio credo ed i propri metodi. Ha fatto leva poi sull’orgoglio dei suoi: “dimostrate a me e a tutti che la vittoria dello Scudetto non è stato un exploit, che potete continuare a vincere. Anche senza Lukaku, Hakimi e Conte”.

Ogni giorno alla Pinetina o si pranza insieme, prima dell’allenamento, o si cena insieme, quando lo si finisce. Ha cementato ulteriormente un gruppo già molto coeso, unendoli sotto la bandiera della vittoria. La sua mano poi, nonostante il 3-5-2 sia lo stesso utilizzato da Conte, si è vista anche in campo. La squadra infatti accompagna molto più la manovra, attacca coralmente ed ha un baricentro molto più alto. Inzaghi poi si è guadagnato ulteriormente la fiducia dei suoi con la libertà. A differenza di Conte infatti non imbriglia le qualità del singolo per metterle al servizio di un sistema di gioco inclusivo.

Inzaghi lascia carta bianca ai più estrosi, specie nella metà campo avversaria, convinto che nessun modulo o sistema di gioco debba soffocare ed ostacolare la giocata individuale. Quello che è successo a Eriksen, in attesa di scoprire se potrà tornare a giocare per l’Inter, è in tal senso ancora più triste: chissà cosa avrebbe combinato con la libertà di svariare come meglio avrebbe creduto in campo.

Tuttavia, nonostante fino a poco fa gli avversari gongolassero, l’Inter è comunque una squadra tutt’altro che morta. I dogmi del nuovo tecnico stanno già attecchendo e Inzaghi può fare leva su un altro fattore: l’orgoglio di portare il tricolore sul petto e di difenderlo. Una ulteriore spinta, capace, un po’ come la maglia rosa nel Giro d’Italia, di portare alla luce doti e forze inaspettate.

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Pietro Magnani

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