Giaccherini: “Inter difensivista? Tra un mese si ricorderà solo l’ennesimo scudetto di Conte”
L'esterno del Chievo Verona mette a tacere le critiche che sono state fatte sul gioco nerazzurroUno dei calciatori che ha più amato Antonio Conte come allenatore, è senz’altro Emanuele Giaccherini. Prelevato dal Cesena, era stato infatti una scommessa personale del tecnico leccese ai tempi sia della Juventus che della Nazionale Italiana ampiamente vinta. Lo stesso giocatore, oggi in Serie B con la maglia del Chievo Verona, non ha assolutamente dimenticato quanto ricevuto da parte dell’allenatore in quegli anni, spendendo ottime parole nei suoi confronti nell’intervista di questa mattina rilasciata sulle pagine de La Gazzetta dello Sport.
Allora Giaccherini: meglio bellezza o risultato?
“La bellezza è sempre figlia del risultato. Nessuno tra un mese si ricorderà del difensivismo, o presunto tale, di Inter-Sassuolo, ma tutti parleranno solo dell’ennesimo scudetto di Conte”.
Come si spiega, però, un atteggiamento così remissivo contro il Sassuolo?
“L’Inter ha ragionato da provinciale, come spesso ha fatto la Juve negli ultimi 9 anni. Per superarle, anche le piccole vanno affrontate con umiltà, ma è ingiusto guardare solo a mercoledì: quest’anno l’Inter è spesso dominante e crea tantissimo. Non conta tanto se col Sassuolo hai fatto il 30% di possesso, ma conta che hai preso 3 punti. E valgono come quelli della partita contro la Juventus che è stata stradominata”.
Quanto c’è di Conte in questa squadra carrarmato?
“Tanto, rivedo lo stesso tecnico di Juve e Nazionale. Cambiano gli interpreti, ma non il gioco, la ferocia e la fame di vittoria. Il suo essere un martello. Ancora una volta ha plasmato una squadra a sua immagine. L’anno scorso ha ridotto il gap con la Juve, quest’anno completa il lavoro. E no, non gli serve andare in un centro estetico…”.
Ma qual è la principale bellezza di Conte?
“Ovunque va, fa capire la sua mentalità e tutti recepiscono in tempi rapidi. La bellezza è la personalità, il carisma: dà tanto ai calciatori e i calciatori danno tanto a lui. È un perfezionista, dagli allenamenti al campo, tutto viene studiato nei dettagli. A volte le ciambelle non riescono col buco e in Champions non è andata bene. Ma alla lunga in campionato il suo lavoro viene sempre fuori”.
Ma alla fine dei conti, è un difensivista oppure no?
“No, perché il suo 3-5-2 è più un 3-3-4. I suoi esterni sono attaccanti aggiunti: interpreta il modulo in maniera offensiva. E poi che vuol dire difensivista? Allora anche altri vincenti come Allegri o Mou sarebbero difensivisti? In realtà, ogni tecnico ha il suo modo di interpretare il calcio per vincere”.
A inizio anno, però, cercava altro: Conte voleva cambiare…
“Può darsi pure che abbia provato ad evolvere il suo credo, ma ha visto che non arrivavano i risultati sperati per colpa dei troppi gol presi. A quel punto è tornato alle vecchie certezze. Per vincere devi subire poco, è una legge matematica”.
Ma chi è il Giaccherini di questa Inter?
“Barella, che però è molto più forte di me. Ma tutta l’Inter ricorda i meccanismi tipici di Conte. Le punte che si cercano, gli inserimenti delle mezzali, gli esterni alti che fanno quasi gli attaccanti. Ma con la variante Eriksen perché sia in Nazionale sia alla Juve un giocatore così non c’era: avevamo interni di inserimento, mentre lui è un trequartista adattato. Conte lo ha un po’ modellato, cambiato: adesso si è adeguato al gioco del tecnico e si vede”.
Un ricordo finale del suo mentore?
“All’esordio allo Stadium mi tremavano le gambe: vincemmo 4-0 ma non ero contento perché non avevo giocato bene. Il giorno dopo mi mandò un messaggio: ‘Non ti preoccupare, può capitare, so che mi darai molto di più’. Mi fece capire che si fidava. Ecco come è il mister, ti può cambiare anche con una parola”.