Esistono partite che entrano di diritto nella storia e nell’immaginario collettivo. Che restano scolpite nella mente e nel cuore anche dei tifosi che non le hanno vissute, anche a più di mezzo secolo di distanza. Una di queste è sicuramente Inter-Liverpool del 12 maggio 1965. Un’impresa clamorosa in cui forse, tolto il mago Herrera e la sua leggendaria squadra, nessuno realmente credeva. Ma per arrivare a quella notta bisogna fare un passo indietro.
Nella stagione 1963-1964, l’Inter di Herrera sembra avviata ad una comoda vittoria in campionato. Il dispendio di energie in Coppa dei Campioni però si fa sentire ed il Bologna riesce ad agganciare i nerazzurri. Per la prima e unica volta nella storia della Serie A per decretare la vincitrice dello Scudetto servirà lo spareggio. I nerazzurri, con la testa già alla finale del Prater di Vienna contro il Real Madrid, perdono lo spareggio, ma si riprenderanno con gli interessi strapazzando gli spagnoli e sollevando la prima Coppa Campioni della storia nerazzurra. L’arrivo a pari punti però permette sia a Bologna sia a Inter di partecipare all’edizione successiva. I felsinei escono quasi subito, l’Inter invece è uno schiacciasassi fino alla semifinale contro il temibile Liverpool. Ad Anfield non c’è storia: i Reds dominano e vincono 3 a 1, meritando ampiamente. La rete della bandiera di Mazzola tiene però accese le speranze: a San Siro si può cercare il miracolo.
La squadra scende in campo con il fuoco negli occhi e la rabbia nel cuore. Di fronte ad un Meazza stracolmo, la Grande Inter rialza la testa e torna a ruggire: il Liverpool è spaventato, annichilito. L’ombra della squadra che aveva spadroneggiato ad Anfield. I nerazzurri ricordano al mondo perché erano considerati i più forti di tutti. Ad aprire le danze, dopo soli 8 minuti, ci pensa il Piede Sinistro di Dio, Mariolino Corso, con la sua classica e ormai leggendaria “Foglia Morta”, che si insacca docile. Come dicevano i cronisti dell’epoca “Il portiere non vede il percorso della palla calciata da Corso”.
Dopo un solo minuto, ecco l’esplosione di San Siro: Joaquim Peirò, campionissimo ex Real Madrid, con un guizzo da pantera soffia il pallone al portiere del Liverpool che palleggia distratto con la mani e segna, da rapace vero, il 2 a 0. Il Liverpool protesta inutilmente: non c’è alcun contatto falloso tra i due, l’asso interista tocca solo il pallone. Rete convalidata e tutto rimesso in discussione. Lo stadio è una bolgia e, forti della spinta dei tifosi, i calciatori dell’Inter continuano a dominare e ad attaccare a testa bassa.
Al 17 esimo del secondo tempo la rete definitiva del 3 a 0, un goal capolavoro che racchiude in una singola azione tutta la filosofia della Grande Inter del Mago Herrera. Giacinto Facchetti, il terzino goleador dal cuore puro, si stacca dalla difesa con un movimento verticale senza palla da insegnare alle scuole calcio. Taglia il campo come una lama al diamante sul lancio di Mazzola, con Corso che si sposta per lasciargli spazio. Giacinto si accentra, incontenibile come una locomotiva, come un eroe dei fumetti, e calcia un destro dal limite semplicemente imprendibile. 3 a 0 e Liverpool a casa. In finale ci va per il secondo anno di fila l’Inter, che trionferà anche in quell’occasione sul Benfica della “Perla Nera” Eusebio.
Ecco perché sognare non costa nulla: il passato influenza sempre il presente ed il futuro. E il popolo nerazzurro ha bisogno di una nuova notte magica europea dopo tanti anni. Chissà mai che la storia non possa ripetersi…
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