Ha vinto Ranieri!
Alzi la mano chi, non più tardi di un mese e mezzo fa, avrebbe immaginato il derby per quello che poi si è rivelato, o chi avrebbe scommesso un euro sul ritorno in grande stile del “Principe” proprio in una sfida tanto delicata. Il verbo “rottamare” non è più nel vocabolario nerazzurro da un pò di tempo e anzi proprio i reduci del Triplete sono i veri vincitori “morali” e non solo della sfida andata in scena qualche ora fa alla “Scala del calcio”. DIFESA GRANITICA E DISTANZE RISPETTATE– Ranieri non cambia: 4-4-2 classico con due punte di riferimento, sovrapposizioni affidate a Maicon e Nagatomo, con Zanetti e Alvarez esterni alti, Thiago Motta e Cambiasso a dettare i tempi di gioco. Sor Claudio ha ben pensato di creare una “cortina di ferro” all’altezza della mediana, sapendo bene che il gioco del Diavolo si sarebbe sviluppato per vie centrali, agevolato nel suo compito dalla presenza di un evanescente Emanuelson e dall’arretramento di qualche metro di Boateng, assai meno incisivo in avanti. Complice poi la settimana di Passione in casa rossonera, la scelta di affiancare Pato ad Ibrahimovic ha dato a Lucio e Samuel l’opportunità di leggere meglio i movimenti delle due punte, incompatibili per carattere e poco propensi ad integrarsi. LO STRATEGA ED IL POSSESSO– I nerazzurri rispettano le consegne alla perfezione, senza sbavature, concentrati e corti, sembrano a loro agio nell’interpretazione del copione della gara, a dispetto della banda Allegri, il quale in settimana avrà probabilmente immaginato una diversa disposizione dei suoi, salvo poi rivedere le sue convinzioni tattiche per far posto a Pato preferito al più mobile Robinho. Un mezzo suicidio tattico, verrebbe da dire, ma tant’è. Non c’è stato un momento durante la gara nel quale il Milan abbia dato l’impressione di avere il pallino del gioco, di certo il possesso palla sterile fatto di fraseggi in orizzontale e perdipiù a debita distanza da Julio Cesar, non può essere letto in tal senso. Ranieri invece ha telecomandato passo per passo i movimenti dei suoi e soprattutto ha cercato di sviluppare in verticale, dosando le forze, il gioco per poi ricompattarsi immediatamente dietro la linea della palla. CATENACCIO? MA DI COSA STIAMO PARLANDO- L’abitudine di comparare il catenaccio alle ripartenze in contropiede, trita e ritrita nelle analisi tattiche del post-partita, suona come un ridimensionamento della prestazione di Zanetti e soci. L’Inter ha interpretato la gara secondo quelle che sono le sue migliori caratteristiche, ovvero il rovesciamento del gioco nel più breve tempo possibile affidandosi poi alla capacità realizzativa delle punte. La squadra non ha mai rinunciato ad attaccare facendo leva sui difetti di un avversario che ha mostrato spesso il fianco, specie sulle fasce, e non creando pericoli di sorta degni di essere ricordati. Di certo chi ha destato maggiore impressione è stata l’Inter per via di un’organizzazione di gioco chiara e senza equivoci tattici dove anche la presenza di Alvarez su Abate ha contribuito ad esaurire in fretta la spinta offensiva dei rossoneri, incapaci sia prima che dopo il gol di Milito di trovare delle contromosse azzeccate. E allora avanti così. C’è la Lazio. Un’altra partita da vincere.