Lunga intervista e ricca di spunti quella concessa da Massimo Moratti al Corriere della Sera in ricordo di Mario Corso. Il primo incontro con il talento nerazzurro, il paragone con Recoba, i ricordi e gli episodi in Nazionale: tutto un mondo nelle parole dell’ex presidente interista per uno dei simboli della Beneamata.
I RICORDI – “Oltre cinquecento partite con la nostra maglia. In stagioni nelle quali i campionati erano più corti e altrettanto le eliminatorie delle coppe. E se non sei integro, se non ti alleni con metodo, in campo, a ripetizione di stagione in stagione, non ci scendi”.
CORSO E RECOBA – “Ecco, Recoba è stato un pigrone, ma per sua stessa ammissione. Lui e Corso hanno interpretato il calcio. Lo sappiamo e lo hanno sempre saputo. Due anni fa Recoba mi disse: “In Italia non c’è più nessuno che sa giocare a pallone”. Così, con queste parole. Nette. Anche Mariolino aveva la stessa idea, soltanto che la esprimeva in modo diverso”.
CORSO – “È sempre stato schivo, esitante per paura di disturbare. Anche quando veniva a trovarmi, e veniva spesso, quasi non osava, si metteva lì ad aspettare ore, e poco ci mancava che se ne andasse casomai recasse fastidio… E quindi, partendo da lontano, discorrendo di calcio, diceva: “Forse, in Italia oggi sono un filino scarsi…”.
PRIMO INCONTRO – “Lo vidi e lo scoprii all’Arena; all’epoca si disputava un campionato bellissimo, quello delle riserve. Lui debuttava ma in verità le attenzioni erano per altri due giocatori, che invece si rivelarono meno forti. Tempo tre giorni e Mariolino fu aggregato alla prima squadra. Era fisiologico. In campo, mingherlino, danzò. Non riuscirono a prenderlo. Tirò matti gli avversari che a un certo punto si incitavano a vicenda per, insomma, farlo smettere in qualunque modo, solo che non riuscirono a prenderlo”.
LO STILE – “Del sinistro sappiamo, del suo formidabile sinistro. Ma era il modo di interpretare il gioco, in perenne anticipo, in perenne contro tempo… Intuire, sorprendere. Ci ho pensato spesso, in questi anni, e un paragone non sono mai riuscito a farlo. Non ce ne son stati, come Mariolino”.
NAZIONALE E FABBRI – “Le poche presenze in nazionale, poche rispetto al suo genio, sono state un’offesa. Non l’ho mai però sentito trascinarsi nei lamenti,nelle recriminazioni, negli attacchi contro il prossimo. Sarebbe dovuto andare in quell’Italia dei disastrosi Mondiali in Inghilterra. Il commissario tecnico Fabbri non selezionò interisti… Una delle ultime partite prima delle convocazioni, Corso fece una prestazione pazzesca. E siccome regalò a Fabbri un gesto dell’ombrello, si giocò le già scarse chance. Non è mai stato ruffiano, nemmeno con Herrera, non ha mai inseguito nessuno. Quel che valeva, lo dimostrava. Nella vita e di conseguenza nel pallone il talento non ha bisogno di trame e mezzucci: scorre puro, limpido e leggero, come i tiri del mio amato Mariolino”.
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