Il soprannome MOLTO interista di Carlos Augusto: “Per i miei nonni”
Il racconto dell'esterno brasiliano
Nell’ultimo episodio del format New Brothers dedicato ai nuovi acquisti dell’Inter della scorsa estate, è toccato a due esterni presentarsi ai tifosi nerazzurri. Stiamo parlando di Carlos Augusto, prelevato dal Monza per rimpiazzare Robin Gosens, e Juan Cuadrado, rivale di mille battaglie acquistato a parametro zero dopo l’addio dalla Juventus.
Il terzino brasiliano, utilizzato da Simone Inzaghi come braccetto di difesa nell’ultimo match contro il Napoli, ha avuto un buon avvio nell’esperienza nerazzurra, nonostante le gerarchie lo vedano ancora alle spalle di Dimarco. Nell’intervista ai microfoni di Inter TV, Carlos Augusto ha ripercorso la sua carriera dalle origini ad oggi, rivelando un soprannome già noto ai tifosi interisti.
ORIGINI – “Nessuno nella mia famiglia giocava a calcio, da piccolo non volevo giocare, non volevo solo essere scarso. Volevo solo imparare, alla fine sono diventare un calciatore. I miei genitori non mi hanno mai fatto pressioni, come succede spesso in Brasile. Fino a 18 anni mi hanno lasciato libero, se non fossi diventato calciatore avrei lavorato con mio padre da commercialista. Mai pensato di arrivare a questi livelli, ma nemmeno pensavo di diventare un calciatore, sono troppo felice di essere qui”.
RUOLO E SOPRANNOME – “Fino a 16 anni facevo l’esterno alto, quando ho cambiato ruolo ho fatto benissimo e mi sono reso conto che potevo diventare un calciatore. Ho fatto tutti i ruoli, ho giocato sia da difensore che da punta. Ma credo che da terzino sinistro mi sono adattato meglio, è stato il ruolo perfetto per le mie caratteristiche. Soprannome? Mi chiamano ‘L’Imperatore’, me l’ha dato uno speaker allo stadio per i mie nonni”.
IDOLO – “Quando ero Under 15 Neymar era un idolo, mi ha ispirato ad essere un calciatore”.
FAMIGLIA – “I miei genitori mi chiamano ogni giorno dal Brasile per chiedere come sto, mia mamma mi chiama sempre perché è preoccupata, mi piace molto. Il primo anno qui è stato difficile, c’è stato il Covid, non parlavo italiano, i genitori erano distanti. Quell’anno mi è servito tanto per crescere. Loro non potevano venire, ma mi chiamavano sempre per capire come stavo. Poi ho preso due volte il Covid, ma quel momento mi ha aiutato a crescere tanto come persona”.
CRESCITA – “Quando giovano in Brasile dicevano che ero un terzino difensivo. Ma sono migliorato tanto anche nella parte offensiva. Dove posso migliorare? Non sono ancora attento per tutti i novanta minuti”.
QUALITA’ – “Umiltà, amore per quello che faccio e non mi piace litigare con nessuno, mi piace la pace ed essere amico di tutti. Vita da spogliatoio? La più importante, è una famiglia e ti aiuta nei momenti difficili. Se i compagni sono al tuo fianco, per me va benissimo”.