22 Maggio 2019

Infortuni, scommesse, rivincite, resurrezioni: gli Eroi del Triplete prima di diventare gli Eroi del Triplete

Una carrellata sulle carriere di diversi personaggi in cerca di autore prima della magica notte di Madrid

Un intero stadio va in apnea contemporaneamente nell’esatto istante in cui una scarpa Adidas colorata di bianco impatta, quasi accarezza, il cuoio del pallone di stessa marca e stesso colore, in una calda primavera in terra spagnola.

Poi lo stesso cuoio bianco accarezza la rete, anche quella dello stesso colore, di una porta di calcio. E il mondo, in quel momento, perde il suo equilibrio.

E la storia cambia.

Cambia per generazioni e generazioni di tifosi dell’Inter, che mai avevano visto la loro squadra in vetta all’Europa. Cambia per il calcio italiano, che per la prima volta può celebrare una sua squadra capace di vincere tutte le competizioni, la Coppa Italia, lo Scudetto, la Champions League. Una cosa mai successa prima. Una cosa mai successa dopo.

E cambia anche per undici uomini che, da quel momento in poi, saranno per sempre ricordati come gli Eroi del Triplete.

Ma come erano le carriere dei nerazzurri prima di scendere in campo quella sera del 22 Maggio a Madrid? Guardiamo nel dettaglio:

JULIO, RISERVA DEL CHIEVO – Estate 2004, al Chievo Verona arriva in prestito un elemento quasi sconosciuto per il calcio europeo: si chiama Julio Cesar, fa il portiere, viene girato in prestito dall’Inter e sia in patria brasiliana, sia nella curva nerazzurra, è famoso per aver portato all’altare Susana Werner, meglio conosciuta come Ronaldinha, l’ex fidanzata del fenomeno Ronaldo ai tempi del suo debutto in nerazzurro. In terra veneta, però, Julio Cesar non colleziona nemmeno una presenza, chiuso dall’ex portiere della Lazio Luca Marchegiani. Ma il suo passaggio all’Inter e l’incontro con Roberto Mancini risulteranno decisivi per l’estremo difensore, che da quel momento per tutti diventerà l’Acchiappasogni, dai riflessi incredibili, in grado di volare letteralmente per prendere anche il più insidioso dei palloni.

Julio Cesar derby

ALL’OMBRA DI RAMBERT – C’è fervore in casa nerazzurra per un acquisto argentino: Massimo Moratti, da poco arrivato alla guida del club che con suo padre era diventato grande negli anni ’60, ha deciso di iniziare la sua prima campagna acquisti con l’ingaggio di Sebastian Rambert, l’Avioncito di cui in tanti parlano bene. Con Rambert, timidamente, si affaccia anche l’altro acquisto interista, giunto quasi in sordina, che conoscono in pochi ma che ha mostrato buone gambe e tanta solidità fisica, oltre a una grande forza di volontà. L’Avioncito, in nerazzurro, non decollerà mai. L’altro invece, che si chiama Javier Adelmar Zanetti, riuscirà addirittura a superare il suo compagno di squadra Beppe Bergomi, divenendo il recordman di presenze dell’intera storia dell’Inter, oltre al capitano che più di tutti ha alzato al cielo dei trofei.

zanetti coppa italia 2010

UN “GROSSO” AZZARDO, UNA SCOMMESSA”COLOSSALE” – Estate 2006, l’esplosione di Calciopoli è stata un vero e proprio terremoto per il calcio italiano, ma la vittoria dei mondiali da parte della nazionale azzurra ha fatto tornare il sorriso e la voglia di calcio. Sulla fascia sinistra l’Inter si è assicurata, già prima del mondiale, le prestazioni di Fabio Grosso, esterno difensivo in forze al Palermo e che per un’estate si trasforma nell’idolo di tutti gli italiani, divenendo una delle stelle iconiche della vincente spedizione tedesca. Se sulla sinistra l’Inter è andata sul sicuro, sulla destra ha deciso di azzardare, portando in nerazzurro Douglas Sisenando Maicon dal Monaco. Sarà uno degli acquisti più riusciti di sempre, il terzino destro ruberà i cuori della tifoseria e percorrerà centinaia di chilometri a velocità supersonica, prendendosi il soprannome di “Colosso”.

maicon

ANOTHER BRICK IN THE WALL – È sul banco degli imputati Walter Samuel per la stagione non ricca di successi del Real Madrid: l’ennesima eliminazione in Champions, la Liga sfuggita e la scarsa propensione difensiva della casablanca mettono in eccedenza proprio il difensore centrale argentino, che si accasa all’Inter nell’estate del 2005. In nerazzurro “The Wall” ritrova la sua dimensione d’oro, come ai tempi dello scudetto romanista, e si impone come leader tecnico e carismatico, anche se difficilmente riuscirà a trovare spazio nella sua nazionale. Un infortunio al crociato in un derby natalizio, però, rischia di minarne la carriera, soprattutto ai livelli europei, ma la tenacia e la determinazione di Samuel gli regalano un’ultima occasione.

Walter Samuel

LA RIVINCITA DI LUCIO – Scartato dalla sua ex squadra anche l’altro componente della coppia centrale, Lucio, messo in uscita dai dirigenti del Bayern Monaco che hanno deciso di rinfrescare e rinverdire la rosa. La Champions League è l’unico trofeo che manca alla bacheca del brasiliano, che in carriera ha già conquistato tutto, tra cui anche il mondiale 2002. Ha già giocato una finale, sempre nel 2002, ai tempi del Bayer Leverkusen, segnando anche il gol del pareggio, prima che Zinedine Zidane non si esibisse in una giocata alla Zinedine Zidane. E quando Lucio è nel sottopassaggio del Bernabeu per entrare in campo si ritrova di fronte, nemmeno a farlo apposta, proprio il Bayern Monaco, la sua ex squadra, nella più grande rivincita della sua vita.

Lucio

TESTA E CHIVU – Cade e risorge Christian Chivu, che il giorno dell’Epifania riporta una frattura al cranio per uno scontro con l’eterno Pellissier. Torna col caschetto, si rimette in piedi, realizza anche il suo primo gol con l’Inter e si fa trovare pronto per la sfida della vita, in cui gli verrà chiesto di marcare l’asso avversario, l’olandese Arjen Robben, messo sul mercato in estate dal Real Madrid e rigenerato dopo il trasferimento in Germania; non sarà l’unico olandese a smentire le scelte della squadra blanca, ma questa è un’altra storia.

chivu mourinho

DUE MAGLIE PER UNA NOTTE MAGICA – Ancora una storia madrilena, ancora con il Real a far da filo conduttore: prima di Samuel, infatti, l’Inter aveva pescato dagli spagnoli un altro argentino, Esteban Cambiasso, giunto in nerazzurro a parametro zero nell’estate del 2004. Nei piani iniziali sarebbe una riserva di Veron e Davids, anche loro appena arrivati all’Inter, ma le prestazioni del “Cuchu” ribaltano ben presto le gerarchie, fino al punto da fargli riconquistare il Bernabeu. Non con la maglia del Real, ma con ben due dell’Inter: una col numero 19 da indossare per la finale, l’altra col 3, un po’ più datata, regalata da Giacinto Facchetti, da esibire solo se le cose vanno come devono andare.

cambiasso

IL DRAGO E IL FUOCO – Forte e bello da vedere Dejan Stankovic, ma universalmente riconosciuto come un uomo di Roberto Mancini, al punto che nell’estate del 2008, dopo l’esonero del tecnico e l’arrivo di Josè Mourinho, la Juve cerca di far pressione sui nerazzurri per portare in bianconero il centrocampista serbo. L’addio sembra ineluttabile ma, come racconterà anni dopo lo stesso calciatore, basta una breve riunione con l’allenatore portoghese per cambiare la storia: “Fui accolto da Josè e dopo 5 minuti mi sarei buttato nel fuoco per lui”. Il fuoco, un elemento sicuramente favorevole per uno che chiamano “il Drago”, capace di infiammare le folle e le reti.

Dejan Stankovic

IL TRENO NON PERSO DA THIAGO – Il nome di Thiago Motta inizia a circolare fin dagli albori degli anni 2000: centrocampista dal fisico importante ma con tecnica sopraffina, dalla visione di gioco non comune. Peccato per quei muscoli e per quelle ossa, che troppe volte gli hanno fatto perdere i treni importanti che avrebbero potuto significare la svolta, su tutti quello del Barcellona. Un anno al Genoa da fuoriclasse puro e poi l’approdo in nerazzurro: in finale al Bernabeu non ci sarà, a causa di un’espulsione nella semifinale del Camp Nou, eppure Thiago Motta sa di poter essere ancora protagonista e di poter finalmente salire gran treno che aspettava da tempo, dopo aver contribuito a eliminare proprio i catalani che non avevano più creduto in lui.

Thiago Motta

WESLEY MEGLIO DI CR7 – Che mercato quello del Real Madrid nell’estate del 2009! Il Triplete dei rivali del Barcellona hanno fatto scatenare Florentino Perez che, anche in virtù della finale di Champions da giocarsi proprio nel suo stadio, ha deciso di fare follie, acquistando gli ultimi due palloni d’oro in carica, ovvero Ricardo Kakà e Cristiano Ronaldo. Il mercato faraonico crea ovviamente degli esuberi, tra cui il già citato Robben e un altro olandese, Wesley Sneijder, che risulta essere l’identikit ideale del trequartista che l’Inter sta cercando da tempo, sia per giocare con il rombo di centrocampo, sia per mettere in atto il 4-2-3-1 auspicato da Mourinho. Nei piani di Perez la finale del Bernabeu dovrebbe essere preclusa ai due olandesi, eppure in campo stanno per entrare proprio l’uno contro l’altro, mentre il Real assiste dalle tribune.

Sneijder, Mourinho

LA STORIA INVERSA DI OBAFEMI E GORAN – Una Primavera fortissima quella dell’Inter 2001/02, capace di vincere Scudetto e Torneo di Viareggio, potendo contare in attacco su due prospetti che sono almeno due spanne sopra tutti gli altri coetanei, ovvero Obafemi Martins e Goran Pandev. Il primo viene subito considerato da Inter, esordisce con gol nella Champions League successiva, segna anche nella maledetta semifinale con il Milan e mette in mostra le sue capriole, ma non esplode mai del tutto. Inverso, invece, il cammino del secondo, che gira prima in provincia tra La Spezia e Ancona e poi si rilancia alla grande con la Lazio. Un litigio con la società biancoceleste apre le porte al suo ritorno nerazzurro nel gennaio del 2010, e stavolta, rispetto a Obafemi, sembra lui quello più pronto per l’Europa che conta.

Pandev

LA CONTROPARTITA DI ZLATAN E IL DISCORSO NEGLI SPOGLIATOI – Non è bastato il secondo gol nella seconda finale di Champions vinta a Samuel Eto’o per farsi apprezzare dal suo allenatore Pep Guardiola, nuovo profeta del calcio e vincitore del Triplete al suo primo anno in panchina. Il tecnico iberico vuole a tutti i costi Zlatan Ibrahimovic, che ritiene essere la pedina fondamentale da affiancare a Lionel Messi; si imbastisce la trattativa con l’Inter e i catalani inseriscono anche il centravanti come contropartita, i nerazzurri accettano, Eto’o trova l’umiltà di rimettersi in gioco anche in un ruolo non interpretato mai, da esterno alto, e in semifinale riesce a esultare proprio contro Ibra e Guardiola. Prima di entrare in campo per la finale, negli spogliatoi, è lui a fare il discorso alla squadra e a caricare l’ambiente in vista di 90 minuti da capogiro.

Eto'o

IL PRINCIPE NERAZZURRO – Quanti gol ha fatto Milito in carriera? Tanti, tantissimi. Sterzate, dribbling, fiuto del gol, movimenti bai banali, reti gonfiate, numeri da capogiro. Eppure mai una opportunità importante, una carriera all’ombra del fratello difensore, ritenuto il più forte della famiglia. Magie col Genoa in B, promozione e profumo di Serie A, che potrebbe essere il palcoscenico ideale per rilanciarsi. Poi l’esclusione dalla massima serie e addirittura la retrocessione a tavolino in B fanno saltare tutti gli schemi. Si vola in Spagna, a Saragoza, dove si segnano gol a fiumi. Eppur la grande non chiama e gli esperti del settore quasi sorridono, facendo paragoni azzardati con altri grandi bomber di provincia, su tutti Dario Hubner. Poi il ritorno in A del genoa e un contratto depositato in extremis, una Serie A giocata con la classe di chi ha tanto da dimostrare e, finalmente, arriva quella chiamata, quella che “El Principe” aspettava da sempre. L’Inter, la Champions che non si vince da 45 anni, il pareggio a Kiev che cambia la storia, i gol al Chelsea, al CSKA Mosca, al Barcellona. Segna in finale di Coppa Italia e si alza il trofeo al cielo dell’Olimpico. Segna all’ultima giornata di campionato, a Siena, e si festeggia il diciottesimo scudetto in terra toscana. E adesso si scende in campo per la finale, l’occasione di sempre, per Milito e per l’Inter. E se fosse proprio lui l’uomo decisivo ancora in un’altra finale?

Milito

 

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