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Inter-Inzaghi, e l’errore di quel rinnovo troppo veloce

La situazione che sta vivendo l’Inter con Simone Inzaghi è quasi grottesca. A pochi mesi da un importante prolungamento di contratto triennale, con annesso ritocco dell’ingaggio, le strade sembrano ormai destinate a dividersi. Qualcosa che forse non si poteva prevedere ma, sicuramente, si poteva e si doveva evitare.

Nel calcio infatti sono rarissimi i casi in cui un tecnico riesca a sposare un club e la sua filosofia per lungo tempo. Ferguson, Simeone, Wenger… sono tutte eccezioni alla regola. Mosche bianche in un mondo in cui il primo capro espiatorio è sempre e solo il tecnico. Ci vuole quasi una simbiosi tra società e allenatore per accettare i momenti di vacche magre senza pensare subito ad un cambio in panchina. Soprattutto in Italia, Paese in cui storicamente gli allenatori vengono cambiati come giocattoli vecchi, senza considerare attenuanti di sorta.

Va detto, Inzaghi sta facendo del suo per guadagnarsi l’esonero, con scelte e atteggiamenti più che rivedibili. L’ex Lazio sta dimostrando probabilmente di essere “immaturo” tecnicamente e caratterialmente per gestire un club come quello nerazzurro. In tanti si sono persi nel “grande salto” e Inzaghi rischia di essere uno di questi. L’eccessiva ostinazione, l’incapacità di gestire le difficoltà e le personalità forti dello spogliatoio, lo stanno portando rapidamente alla rovina.

L’errore però è evidentemente anche societario. In una situazione in bilico anche a livello di proprietà, prolungare per 3 anni con un allenatore chiaramente ancora acerbo è follia. Specie visti i precedenti visti negli ultimi anni, Antonio Conte a parte. Partenze a razzi, filotti di vittorie… e poi il declino, con i giocatori che remano per conto proprio. Un copione già visto e, checché ne dicano i diretti interessati, in corso anche ora. Non basta dire a parole che la squadra è con il mister, bisogna anche dimostrarlo sul campo. E il campo dice ben altro, risultati alla mano e non solo.

Lo sbaglio quindi è stato a monte. L’eccessiva voglia di stabilità in una situazione precaria, ha portato Zhang a bruciare i tempi. Ha blindato un tecnico che forse non era pronto a questa responsabilità. Un tecnico che, come dimostrato ora che è spalle al muro in varie conferenze, spesso antepone il proprio ego al quieto vivere. Qualcuno che, pur con un curriculum ancora piuttosto scarno, ha un’eccessiva opinione di sé. Anche quando il campo non gli dà ragione. Qualcuno che perde la bussola facilmente e non è in grado di ritrovarla. Qualcuno che ricalca passo passo i propri errori senza mai riuscire ad evitarli, senza mai imparare dai propri sbagli.

La follia quindi è da cercare in un TRIENNALE su quella che a conti fatti, dopo uno Scudetto perso per mano propria, era una scommessa. Una scommessa che, dati alla mano, hai perso. D’accordo i tre trofei minori, ma lo Scudetto è stato letteralmente buttato… così come probabilmente la stagione in corso. Ora con tutti i punti persi con le piccole anche la qualificazione alla prossima Champions è a forte rischio. E non basta qualche exploit europeo qui e là per salvare una situazione che non è tragica solo per il livello al ribasso della Serie A. Con 8 sconfitte a marzo non si dovrebbe competere nemmeno per l’Europa League, invece l’Inter è ancora seconda. Fortuna e mancanze altrui.

Una società che vuole diventare grande o confermarsi tale, non può agire d’istinto, di pancia. Deve soppesare, pianificare, valutare. Pensare anche, è brutto dirlo, al peggio mentre splende il sole. Valutare eventuali occasioni in corso d’opera, possibili upgrade in panchina anche mentre tutto fila liscio. Altrimenti si finisce, come sempre, a cercare di tappare la falla quando i buoi sono scappati. O a cercare con il lanternino un tecnico che costi poco e possa rendere tanto. Come se il mercato pullulasse di profili simili…

Vada come vada, anche in caso di qualificazione con il Porto e finale di stagione accettabile, la strada sembra ormai tracciata: Inzaghi ha finito i jolly e tutto sembra propendere per un suo esonero. Non è più da capire SE, ma solo QUANDO accadrà. E dipenderà dai prossimi risultati. Le premesse per un’estate tranquilla sembrano ormai tramontate.

Pietro Magnani

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