Inter irriconoscibile, La Gazzetta dello Sport: “Dottor Jekyll e Mister Hyde. Riecco la fragilità mentale, Conte…”
La squadra nerazzurra torna al centro delle polemiche dopo il 2-2 rimediato contro il VeronaE’ un’Inter nuovamente ridimensionata quella che esce dal campo del Verona. La squadra nerazzurra, scivolata al quarto posto alle spalle di Lazio e Atalanta, finisce nuovamente al centro delle critiche.
Ecco l’analisi de La Gazzetta dello Sport: “Altra stecca, altra occasione sprecata: l’Inter pareggia a Verona e resta al quarto posto, dietro all’Atalanta. Conte non viene a capo della involuzione mostrata nelle ultime uscite, soprattutto nel primo tempo si fa incartare da Juric, che con merito continua la sua rincorsa per un posto in Europa League. Restano sul tavolo parecchi dubbi: tra i più lampanti, l’utilizzo a dosi omeopatiche di Eriksen, quasi fosse ormai relegato a lussuoso orpello in un organico in preda a incertezze e continui blackout. Lasciano basiti anche la prestazione di Brozovic, irriconoscibile e abulico, e di Skriniar, l’ombra dell’affidabile marcantonio che abbiamo ammirato”.
Approccio sbagliato: “All’ingresso in campo l’Inter marca visita: non c’è. I primi minuti sono imbarazzanti, i padroni di casa non si aspettavano tanta grazia contro un avversario che deve rialzare per forza la testa. Lazovic sfugge a destra a Skriniar che lo tiene in gioco, elimina con uno scatto il pennellone interista e va a sparare sul primo palo: non parliamo della risultante di chissà quale pressione, ma del primo affondo veronese: sono passati appena due minuti ed è già 1-0. Uno dice: beh, ecco lo schiaffo che ravviva l’Inter. E invece niente: di tanto in tanto ci prova Candreva, ma è poco. Lukaku deve combattere con Gunter e Kumbulla, si sfianca in sponde su sponde, ma predica nel deserto. Gli uomini di Juric sono ordinati, accettano il rischio di continui confronti individuali, si distendono bene: ogni volta Amrabat e Veloso hanno almeno due soluzioni di passaggio”.
Meglio nella ripresa: “Il Verona che manca il colpo di grazia tiene in piedi un’Inter che dopo l’intervallo realizza che sarebbe meglio darsi una mossa. Conte non cambia assetto, confida in un minimo di reazione d’orgoglio, oltre che sul primo tempo dispendioso dei gialloblù. E qualcosa accade, soprattutto con la spinta di Candreva, che riesce a sfondare più volte a destra: gli basta un minuto per capire che può rivelarsi pericoloso, con un tiro che costringe Silvestri oltre l’ordinaria amministrazione. L’Inter esce in via definitiva dallo stato catatonico in cui è versata nei primi 45’ e riprende terreno e fiducia. Una buona combinazione, degna da squadra di vertice, con il pallone che passa da Young e Borja Valero, serve in area Lukaku, che per una volta non deve soltanto dare le spalle alla porta: il gigante belga si libera e colpisce il palo, sulla respinta è lesto Candreva a ribadire in rete. E’ il 4’ della ripresa, il Verona si disunisce e lascia ancora più campo ai nerazzurri che si fanno forza. L’Hellas non vince più tutti i duelli, l’asfissiante cerniera concede diversi spazi, e Candreva insiste nella sua spola. Su un suo cross, con Lukaku in agguato, c’è la deviazione di Dimarco che beffa Silvestri: è il vantaggio nerazzurro (10’). E la fortuna dà una mano anche sulla palla sprecata da Faraoni, tutto solo in area”.
Beffa nel finale: “L’Inter avrebbe il dovere di chiudere la gara, dovrebbe approfittare delle zone lasciate libere dal Verona, ma Lautaro, entrato al posto di un Lukaku malconcio, fa fare bella figura a Silvestri. La tendenza a complicarsi la vita resta una costante nella banda di Conte, che mette su un altro finale a effetto. Va in scena su una proiezione di Rramani: Vecino va morbido, idem per Godin, assist per Veloso, piatto che fissa il pari. Punticino per l’Inter, frutto di nuovi rimpianti e sprechi. Come l’anno scorso, tanto per cambiare”.
Fragilità mentale: “Se non è crisi di nervi, poco ci manca. Perché al di là dell’aspetto tattico, dell’atteggiamento e degli errori tecnici, è la fragilità mentale dell’Inter che sta emergendo in maniera inimmaginabile. Ed è l’ultima cosa che ti aspetti da una squadra guidata da Antonio Conte, l’uomo che ha fatto del furore e della mentalità vincente uno stile di vita, prima da giocatore e poi da allenatore. Ma questa nuova Inter post pandemia sembra il ritratto del Dottor Jekyll e Mister Hyde. Ha una doppia personalità, due facce che mal di sposano con l’idea di un progetto vincente: una è svuotata e svogliata, che si trascina alla ricerca del compitino e barcolla al primo cazzotto ricevuto. L’altra è rabbiosa, convinta e spesso anche convincente. Talmente sicura di sé da sembrare però presuntuosa”.
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