25 Aprile 2019

CdS – Prima il quinquennio d’oro nerazzurro, poi l’Ottovolante bianconero: così Inter e Juventus si sono prese la A

Negli ultimi 14 anni Inter e Juve hanno lasciato solo un campionato alle altre

Negli ultimi anni – benché negli ultimissimi il monopolio sia stato solo della JuventusInter e, appunto, Juventus si sono spartite il calcio italiano, e basta un niente per rendersene conto. Nelle ultime 14 stagioni – fatta salva quella del 2010-2011, dove a trionfare fu il Milan con Massimiliano Allegri – bianconeri e nerazzurri hanno fatto incetta di titoli nazionali, con i milanesi nelle vesti di imperatori totalizzanti del primo periodo (2005-2010) e con i bianconeri che hanno fatto lo stesso negli ultimi otto anni (2011-2019). Due cicli, insomma, ma ben separati: come l’acqua con l’olio.Di battaglia ce n’è stata ben poca, se basta dire – per esempio – che negli otto anni di dominio bianconero i torinesi hanno fatto 235 punti in più rispetto all’Inter, o che il distacco minimo tra Juve e Inter in campionato risale all’anno scorso ed è di 23 lunghezze.

ALLENATORI MANAGER – L’analisi in questione è proposta oggi sulle colonne del Corriere dello Sport, che si proietta già sulla sfida di sabato prossimo a San Siro. Di tratti comuni, tra i due periodi, ce ne sarebbero a bizzeffe. Ci sarebbero, ad esempio, le spiccate doti manageriali di chi fu protagonista nel periodo di dominio nerazzurro e di chi è altrettanto protagonista nel periodo – attuale – di dittatura juventina. Ad Appiano c’erano Roberto Mancini prima e José Mourinho poi, due allenatori che erano più che semplici allenatori: dei manager, appunto, e non solo dei trainer. Gente che deteneva spazi e poteri paragonabili – all’Inter – solo a quelli di Herrera nell’altro periodo d’oro della storia nerazzurra. Così a Vinovo: Antonio Conte fu l’allenatore-manager della ricostruzione, Allegri quello della graduale rivoluzione quando il ciclo di successi sembrava chiuso.

PRESIDENZE A TEMPO PIENO – Massimo Moratti, all’Inter, non era un presidente: era il presidente, era sempre a Milano e aveva un legame a strettissimo giro con dirigenti, allenatore e giocatori. Così Agnelli, a partire dal 2010: varca i cancelli di Vinovo ed è presenza (quasi) fissa degli allenamenti e della vita quotidiana bianconera. Non è così, oggi, in casa Inter: benché Zhang sia considerevolmente più vicino – anche con l’aiutino dei benedetti/maledetti social – rispetto, per dire, ad un Thohir nell’era indonesiana, trascorre più tempo in Cina che in Italia e quindi ecco che l’arrivo di un Marotta – insieme con personalità del calibro di Zanetti e Ausilio – serve anche a questo: a tornare all’assetto a “catena corta”, a far sentire la presenza societaria una costante nella quotidianità interista. A “juventinizzarsi” sotto questo punto di vista: il Corriere dello Sport la mette così. E se andrà bene lo dirà il campo.

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