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L’INTERTINENTE – Da Conte-Pirlo a Zhang-Agnelli: due pesi e due misure. E ora chi ha il vero obbligo di vincere?

La terza eliminazione consecutiva in casa della Juventus di Cristiano Ronaldo in Champions League, la seconda di fila agli ottavi di finale, contro il timidissimo Porto, non ce ne voglia l’ex nerazzurro Conceição, fa sorridere. Il pensiero, dopo i 120 minuti di ieri, è andato subito al trattamento ricevuto dall’Inter dopo l’eliminazione dai gironi di Champions.

Esultanza, Getty Images

Premessa. Il nostro cammino europeo è stato deludente, allo stesso tempo non si può negare come l’avventura nerazzurra sia stata condizionata da infortuni e false positività, da una condizione fisica abbastanza approssimativa e lontana da quella di oggi, da episodi sfortunati e da un girone che era tutto tranne che “materasso”, come lo hanno definito in tanti.

Partiamo dall’allenatore. Paragonare le aspettative che una squadra o un tifoso ripone in un allenatore come Conte, che ha trionfato ovunque, con quelle riposte in un allenatore alla prima esperienza, come Pirlo, sarebbe ingiusto. L’ex centrocampista della Nazionale azzurra forse è colui che ha meno responsabilità di tutti, ma questo non giustifica di certo la differenza di trattamento tra i due. Non si possono dimenticare le prime pagine con “Pirlolandia” scritto a caratteri cubitali, con epiteti gratuiti come “Maestro” o “Direttore d’orchestra“. Il tutto mentre, sfogliando il giornale, Conte veniva continuamente massacrato, dimenticando la sua carriera e i suoi trionfi in giro per l’Eurppa, fino ad arrivare alla richiesta esplicita di molti, compresi tifosi, di esonerarlo dopo lo 0-0 contro lo Shakhtar.

Ci ha pensato lo stesso Conte, in una recente intervista, a zittire tutti. “Un tifoso avversario avrebbe spinto perché cacciassero Conte dall’Inter. Da avversario voglio ammazzare (sia chiaro: intendo ammazzare sportivamente) il mio nemico: mandarmi via avrebbe facilitato gli altri. Quando vado in un club ci entro anima e corpo. Sono passionale e la passione fa la differenza, è contagiosa. La creatura la vivo e la faccio vivere a tutti quelli che lavorano con noi. Se si sente il senso d’appartenenza si dà qualcosa in più”.

Conte e Pirlo (Getty Images)

Conte ma non solo, ad essere stata massacrata è stata tutta l’Inter. E sin da subito, per una formula alquanta bizzarra e ancora ignota, si è parlato e si continua a farlo di “scudetto obbligatorio”. La domanda, dopo quanto successo ieri, sorge spontanea: se per l’Inter lo scudetto è obbligatorio dopo 10 anni senza vittorie, cosa può essere lo scudetto per chi vince da 9 anni in Italia, per chi ha Cristiano Ronaldo in squadra, il monte ingaggi più alto d’Italia ed è fuori dall’Europa come noi?

Per ora nessuno si è degnato di parlarne. Così come nessuno, per ora, ha ancora puntato il dito contro la società bianconera. Tradotto: Agnelli, Paratici e Nedved. Uscire per tre anni di fila dalla Champions League con avversari del calibro di Ajax, Lione e Porto, dopo aver comprato Cristiano Ronaldo, è un fallimento totale. “Da acquisto del secolo a flop del secolo”, lo diciamo noi.

Una rosa costruita senza logica, così come senza logica è stata la scelta di esonerare subito Sarri e affidare la panchina della Juventus a un “inesperto” come Pirlo. E Dybala? Che fine ha fatto l’erede di Messi? Sono in tanti a chiederselo, in pochi a parlarne.

In molti però hanno cavalcato l’onda del caso Eriksen. Così come per tutti è sempre meglio parlare di Inter, della famiglia Zhang, di Suning,  di Conte, di Lukaku e del suo valore da 85 milioni di euro, di Lautaro che non segna per sole 3 partite, di email inventate, di stipendi non pagati e di bonus non versati (salvo poi ritrattare). Perché fa più rumore.

Per fortuna l’Inter, Conte e Marotta se ne fregano. Noi andiamo avanti, “Zitti e buoni” citando i Maneskin. Lo abbiamo fatto dopo lo 0-0 con lo Shakhtar, dopo l’amarezza dell’eliminazione dalla Champions League. Lavorando a testa bassa con il solo obiettivo di rialzarci, contro tutto e tutti. Come siamo da sempre abituati. E le nostre vittorie sono quasi sempre arrivate così, come il buon Mourinho insegna e come Conte ci sta ricordando.

PERCHE’ ERIKSEN DEVE GIOCARE >>>

 

Raffaele Caruso

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