L’annuncio ufficiale della nuova prima maglia dell’Inter per la stagione 2021/2022, peraltro già anticipata da diversi giorni da Footy Headlines, ha fatto storcere il naso a molti tifosi “tradizionalisti”. La nuova divisa infatti è, se così vogliamo definirla, futuristica e particolare, molto differente a quelle del passato a cui ancora in tanti sono affezionati. Tuttavia, ad un occhio attento alla storia del club, questa scelta non sembrerà un azzardo, ma semplicemente la maniera migliore per festeggiare lo Scudetto.
Certo, i gusti personali sono inopinabili e ognuno è libero di pensarla come vuole, dal lato estetico, sulla “pelle del biscione” che vestirà i ragazzi di Simone Inzaghi nella prossima annata. Va però detto, dal punto di vista meramente etico e storico, come l’Inter non sia mai stata una squadra convenzionale, fin dalla notte della sua fondazione, il 9 marzo 1908 al ristorante “L’Orologio”. Figli di dissidenti del Milan, separatisti perché amanti dell’arte, del diverso, dell’estro e del genio. Figli di una luna storta e umorale, i colori nerazzurri sono da sempre un dipinto che in pochi sanno comprendere e apprezzare nella maniera corretta.
L’Inter non è mai stata “normale”, troppo attenta all’etichetta e alla tradizione. I primi a spalancare le porte senza remore agli stranieri, cittadini e squadra del mondo, di tutti. I primi a cambiare pelle a ripetizione, di continuo, reinventandosi eppure rimanendo sempre, anche negli anni più bui, gli stessi artisti lunatici, capaci di imprese inspiegabili e di crolli inattesi. Il tifoso nerazzurro vive il proprio amore sulle montagne russe, sempre al limite del collasso cardiaco. Non ha sottoscritto il proprio legame a una religione qualsiasi, piatta e sterile, ma è stato temprato dal rito pagano dei colori del cielo e della notte.
E ora, proprio voi, figli della squadra più folle e imprevedibile del mondo, volete forse dirmi che storcete il naso per una maglia fuori dal coro? Che siete sorpresi e delusi dalla scelta della nuova maglia casalinga? L’Inter è sempre stata particolare, eccentrica, anche sull’aspetto divise. Tante ne sono passate di particolari e, sicuramente, tante ancora ne passeranno (non dimentichiamo la famigerata “tovaglia” o la “lattina di Sprite”). Ma una sola cosa conta, anzi quest’anno due: i soliti, adorati, colori da difendere e, finalmente, il tricolore sul petto. Poi pelle di serpente, squame di alligatore, denti di drago o piume di piccione poco conta: la maglia è e sarà sempre solo l’estensione materiale della nostra intrinseca follia.
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