Tre anni. Lunghi per chi ha una storia gloriosa ed esigente come l’Inter, pochi per chi a vincere non è abituato. Tanto è trascorso dal diciannovesimo al ventesimo scudetto nerazzurro, dal 2021 al 2024. E tantissime cose sono successe, in questo lasso di tempo. Ma cosa è cambiato dall’ultimo tricolore a oggi?
Partiamo dagli aspetti basilari. L’allenatore, ovvio: Antonio Conte prima, Simone Inzaghi adesso. Modulo identico, l’inderogabile 3-5-2, interpretazioni molto differenti ma identità ugualmente forti apportate alla squadra sia dal leccese che dal piacentino. E poi tanti giocatori. Mettendo a confronto le rose, solo sette interpreti sono gli stessi: De Vrij, Bastoni, Darmian, Barella, Sensi, Lautaro e Sanchez. Un dato che dice tanto sui cambiamenti che l’Inter ha affrontato negli ultimi anni e nelle ultime sessioni di mercato.
Andando più a fondo nell’analisi, ci sono tante altre differenze da sottolineare. L’Inter di Conte era una squadra in rampa di lancio, caratterizzata da determinazione e ferocia tipiche di un ambiente che non vince da anni e vuole tornare a farlo. Nel 2020-21, i nerazzurri non sollevavano un trofeo da 10 anni esatti e non conquistavano un tricolore da 11. C’era una proprietà che aveva fatto quasi all-in prendendo – oltre a giovani profili che oggi sono la colonna vertebrale della squadra come Barella – calciatori affermati dall’estero quali Hakimi, Eriksen e il protagonista del trionfo, ovvero Lukaku. Fu l’ultima stagione della grandeur economica di Suning, messa in crisi dal Covid.
Il gruppo di oggi – come quello di allora – conosce bene i dettami e le richieste del proprio allenatore: Conte era al secondo anno, Inzaghi è al terzo. L’Inter 2023-24, tuttavia, è una squadra più matura sotto tutti i punti di vista. Calciatori che all’epoca erano ancora considerati giovani da valorizzare ulteriormente come Bastoni, Barella e Lautaro oggi sono i senatori della squadra. Perché il vecchio gruppo storico composto dai vari Handanovic, Skriniar, D’Ambrosio, Brozovic e Perisic non esiste più.
È un’Inter, quella di oggi, che è arrivata alla vittoria dopo essere passata da grandi percorsi e da brucianti delusioni. E forse per questo è così granitica, consapevole. Con Inzaghi è stato perso uno scudetto che sembrava vinto, ma si è anche arrivati a una finale di Champions League che mancava da 13 anni, e poi si è acquisita l’abitudine costante a sollevare trofei: con questo scudetto, siamo già a sei in tre anni di gestione.
Diverso è stato poi il percorso economico intrapreso per arrivare alla vittoria. L’addio di Conte è stato dovuto anche a un cambio di rotta nel modello gestionale di Zhang, che ha imposto la sostenibilità e l’autofinanziamento quali concetti cardine per Marotta, Ausilio, Baccin. Il salentino non ha accettato tali condizioni, Inzaghi sì. E non era scontato, perché c’era molto da perdere. L’ex Lazio ha dovuto ingoiare amaramente un attivo da record durante la sua prima estate, un altro segno “+” al secondo anno e poi ha accolto il saldo zero del terzo quasi con sollievo.
Sta qui, forse, il motivo del clima differente che si respira nel 2024 rispetto al 2021. All’epoca c’era certamente l’immensa gioia di essere ritornati a vincere uno scudetto interrompendo il regno della Juventus, ma anche forti venti di preoccupazione e ansia per il futuro, dettata anche dall’addio previsto e poi concretizzatosi di Conte, al termine di un’annata colma di tensione e quasi da separato in casa con dirigenza e proprietà (la stagione era cominciata con il famoso vertice di Villa Bellini, per intenderci).
L’Inter di oggi, invece, continuerà con Simone Inzaghi che sta già programmando con la dirigenza i prossimi traguardi. I tifosi nerazzurri meritano di godersi questo clima, adesso. E meritano anche di godersi una festa che è stata e continuerà ad essere inevitabilmente diversa rispetto a tre anni fa, quando le celebrazioni furono limitate e soppresse dal Covid: non ci fu la festa in campo con i tifosi e neppure il bus scoperto per le vie di Milano, con destinazione Duomo. Oggi è un altro mondo, ed è stato bellissimo. Lo è anche guardando il cielo: oggi come allora è nerazzurro ma, rispetto a tre anni fa, contiamo una stella in più.
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