Juan jesus: “Mazzarri? Colpa nostra! I fischi non ci aiutano. Vinciamo il derby e puntiamo alla Champions”
Intervista Juan Jesus
Intervista Juan Jesus
A pochissimi giorni dal derby tra Milan e Inter, in casa nerazzurra sembra siano pronti per affrontare la sfida. Ai microfoni di Tuttosport ha parlato Juan Jesus, toccando tanti argomenti, passando dall’esonero di Mazzarri per arrivare alla nuova Inter di Mancini. Queste le parole del difensore brasiliano:
Cosa non ha funzionato con Mazzarri? “La colpa non è solo sua ma è anche nostra e della società. La gente poi se l’è presa con lui perché era l’allenatore ma se avessimo fatto il nostro lavoro bene oggi sarebbe ancora qui”.
Quanto è stato difficile giocare tra i fischi? “Capisco che i nostri tifosi erano abituati a vincere tutto e quindi comprendo la loro delusione però, durante la partita, devono aiutarci: contro il Saint-Etienne eravamo a San Siro ma sembrava fossimo in Francia. Loro possono anche avercela con un allenatore o un giocatore ma non si può entrare in campo e venire fischiati per un passaggio indietro. La curva ha sempre sostenuto tutti ma io, dal campo, so chi fischia e sono soprattutto i tifosi di tribuna dietro alla panchina”.
Che differenza c’è tra giocare a quattro e a tre? “Giocando a tre, potevo portare di più palla perché se mi sganciavo, sapevo che c’era Vidic dietro di me, a quattro bisogna rimanere più bloccati. In marcatura poi, se giochi a quattro devi stare più stretto mentre a tre, di fatto, con i terzini si è in cinque a difendere. Però fondamentalmente non cambia granché: se sei bravo a marcare, puoi anche essere quattro contro dieci”.
Dovesse toglierne uno al Milan? “Il portiere… Scherzi a parte Menez, perché è veloce e molto agile”.
Chi l’ha messa più in difficoltà in serie A? “Sono abbastanza veloce ma soffro un po’ quelli più bassi di me. Ho fatto una gran fatica con Biabiany e col Papu Gomez. Però me la sono cavata con Cavani, Higuain, Balotelli e anche con Okaka, che tutti elogiano ma non mi ha dato problemi”.
Ibarbo, invece… “Nella partita col Cagliari non c’eravamo con la testa e abbiamo regalato tutto noi. Lui è bravo e ha qualità, ma quel giorno l’abbiamo fatto diventare Cristiano Ronaldo”.
Vidic sostiene che in Italia ci sia troppa tolleranza verso i simulatori. Concorda? “Assolutamente sì: in Premier il calcio è più fisico come piace ai tifosi, per questo viene fischiato chi, simulando, cerca di rovinare lo spettacolo. In Italia devono capire che il calcio è uno sport di contatto, non è il tennis. Gli attaccanti devono accettare di prendere un po’ di botte: Cuadrado, per esempio, è un giocatore che si butta appena ti avvicini a lui”.
Con Tevez come si è trovato? “È l’avversario ideale perché ti mena pure: con lui ho giocato due o tre volte, sempre botte e botte. Lui, se vai sul pallone, non dice niente ma se provi a fare qualcosa di antisportivo, per esempio alzare il gomito, si incazza subito. Con Llorente è lo stesso: le botte si danno e si prendono. Il calcio, per essere spettacolo, deve anche essere un po’ una guerra”.
Che sta succedendo a Palacio? “È la solita vecchia storia: se fai sempre gol, sei un mito. Se vai in difficoltà, hai tutti contro. Lui si è infortunato, ha giocato un buon Mondiale ed è tornato a Milano con la caviglia dolorante e senza aver fatto il ritiro con noi. Ora sta recuperando bene e il derby può essere la partita giusta per sbloccarsi: dopo tutto, nell’ultimo che abbiamo vinto, ha segnato di tacco”.
Vincere il derby può essere la svolta nella stagione? “È la partita che ci voleva: siamo ancora vicini al terzo posto e, se vinciamo, superiamo il Milan. Fin qui abbiamo gettato via qualche punto ma è ancora molto lunga: l’Inter non può non puntare a tornare in Champions”.
Perché ha scelto la maglia numero 5? “In Brasile ho sempre giocato con la 4 e la 6: la quattro era di Zanetti e la sei l’aveva Silvestre. Quando Stankovic ha lasciato, gli ho chiesto se potevo prendere la sua maglia e lui mi ha detto “prendila e stai tranquillo che farai bene”. Ecco, spero di portarla per tanti anni ancora”.
Lei ha detto che le piacerebbe ripercorrere la strada di Zanetti all’Inter. Impegnativo… “So che è un bell’impegno. Ho 23 anni, magari arriverò a 40: noi all’Inter abbiamo l’opportunità di fare meglio di chi ci ha preceduto. Non so neanche quando scade il mio contratto (2018, ndr) a Milano sono felice e devo pensare al presente e a lavorare per l’Inter. Se poi loro non mi vorranno più, sarà una scelta della società”.
In cosa deve migliorare? “Nell’attenzione. Quando sono affaticato, tendo a perdere la concentrazione per la fatica. Poi devo migliorare a usare il piede destro”.
Ha mai pensato di assumere un motivatore come ha fatto Bonucci? “A me per motivarmi basta arrivare alla Pinetina e sapere di essere in una grande squadra: tra quelli con cui giocavo a quindici anni, sono l’unico che è arrivato a questi livelli”.
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