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Nella testa di Simone Inzaghi: i dubbi, le paure e le certezze

Immedesimarsi nei panni di un allenatore non è la cosa più facile di questo mondo. Essere soggetti a pressione da differenti punti di vista e sopravvivere, non è da tutti: ancora meno venire ad allenare l’Inter dopo il ciclone Conte e le questioni societarie che si abbattono sul club nerazzurro. Simone Inzaghi, a testa alta – e insieme all’aiuto di Beppe Marotta e Piero Ausilio -, sta portando avanti un egregio lavoro iniziato lo scorso 3 giugno 2021, giorno della sua nomina.

Ma ora c’è da continuare perché la stagione non finisce qui. L’Inter si prepara a un filotto di partite che se non decideranno le sorti di quest’anno, poco ci manca. La doppia sfida in Champions League contro lo Sheriff Tiraspol, i big match in A contro Lazio, Juventus, Milan e Napoli: tutto questo nel giro di 40 giorni precisi.

Come in un film qualunque, zoomiamo sulla testa di Inzaghi e proviamo a entrare nella mente del tecnico in cui, a differenza di Homer Simpson, in questo momento non c’è la scimmia che batte i piatti. Le questioni tattiche, di campo, i risultati: sono tante le incognite. Partiamo dunque dai dubbi che, secondo noi, si starà portando con sé il tecnico ex Lazio.

I dubbi

Stefano Sensi e Denzel Dumfries (@Getty Images)

L’esplosività a cui San Siro ha ammirato in Inter-Bologna resta l’unico bagliore, finora, di Denzel Dumfries. Nelle successive partite l’esterno olandese ha accumulato sempre più minuti dimostrando però di non essere ancora inserito totalmente negli schemi dell’Inter, come confermato da Alec Cordolcini del Guerin Sportivo. L’ex PSV appare ancora troppo selvaggio: scatena la sua forza in avanti senza però saperla dosare. Una situazione che assomiglia molto a quella di Hakimi dell’anno scorso: il tempo ci dirà se Inzaghi riuscirà a domare e a istruire il suo “cavallo” olandese. É sicuramente uno dei dubbi più grandi per il tecnico e uno dei nodi che – se sciolti – possono far fare all’Inter il salto di qualità.

Poi, c’è Sensi. Una cantilena ripetuta più volte nelle ultime stagioni: un discorso pieno di se accompagna il suo giudizio all’Inter fin qui. Sembra esserci un punto di non ritorno dal Sensi osservato al Sassuolo. Eppure Inzaghi ha fatto capire che le qualità del giocatore sono indiscutibili: “Può giocare in tutte le posizioni dalla metà campo in su”. Più che di dubbio, ormai, si tratta di preghiera per il tecnico nerazzurro. Cercasi miracolo in quel di Appiano Gentile.

Le paure

Joaquin Correa in Shakhtar Donetsk-Inter (@Getty Images)

Il timore di vivere il medesimo incubo vissuto nelle ultime tre stagioni. I tifosi nerazzurri e l’ambiente lo percepiscono: non lo palesano, ma c’è. Tra chi è già rassegnato a una puntata numero 4 del thriller Champions League – targato Inter –  a chi invece continua a crederci: la qualificazione agli ottavi è uno dei crocevia di questa stagione. Il doppio incontro delle prossime settimane contro lo Sheriff non basterà a decretare se i nerazzurri potranno davvero accedere al prossimo turno ma, non dovessero arrivare due vittorie, la pendenza della strada europea si innalzerebbe mostruosamente.

Inzaghi dovrà lavorare sulla testa più che sul gioco. A parte alcuni spezzoni della partita contro lo Shakhtar, l’Inter ha dimostrato di poterci stare in Europa. Basta fare gol, la cosa fondamentale di questo sport. Ed è dalle certezze di questa rosa che il tecnico dovrà ripartire. Testa alta, come Inzaghi in questi primi mesi.

Le certezze

Nicolò Barella (@Getty Images)

Lautaro e Barella, due giocatori nominati al Pallone d’Oro da France Football. L’Inter riparte da e con loro, non può fare altrimenti. In Serie A, così come soprattutto in Champions League, i nerazzurri hanno bisogno del ruggito dei loro leoni. Campioni d’Italia, d’Europa e di Sudamerica, c’è la necessità delle loro giocate da top-player per sperare di fare il salto in Europa.

Non c’è altra strada, lo abbiamo visto in questi primi mesi: tra Benzema, Ronaldo e Chiesa, ogni squadra ha bisogno del genio da parte dell’oro delle loro rose. Barella e Lautaro lo sono. Inzaghi ci può contare, l’Inter ci deve contare. Qui non ha bisogno di pensare o di riflettere la testa di Simone Inzaghi: deve solo lasciare libero sfogo. Dai due nerazzurri ci si aspetta un ulteriore step per evitare errori banali sotto porta come quello di Lautaro a Kiev contro lo Shakhtar.

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Alessio Murgida