22 Aprile 2023

Inzaghi può ancora salvarsi: il futuro è nelle sue mani

Inter's Head Coach Simone Inzaghi portrait during italian soccer Serie A match Udinese Calcio vs Inter - FC Internazionale at the Friuli - Dacia Arena stadium in Udine, Italy, September 18, 2022 - Credit: Ettore Griffoni

Il futuro di Inzaghi resta appeso a un filo, ma non ancora segnato in maniera definitiva. Il tecnico nerazzurro infatti, secondo La Gazzetta dello Sport, avrebbe ancora la possibilità di salvarsi. La semifinale di Champions però, al momento, non basta.

Per alimentare la speranza di permanenza per il prossimo anno è fondamentale una rimonta in campionato che porti almeno al quarto posto. Gli introiti derivati dalla Champions infatti hanno fatto respirare il bilancio per questa stagione, ma qualora si fallisse la caccia al quarto posto, le premesse per il prossimo anno non sarebbero delle migliori, anzi. Zhang si troverebbe probabilmente costretto a cedere almeno un big e a ridimensionare parecchio il progetto. Ecco perché i 60 milioni che il quarto posto può garantire diventerebbero fondamentali, sia per il galleggiamento del club che per il futuro di Inzaghi.

Da qui al fine stagione quindi saranno tutte finali per il tecnico, che deve riuscire a far svoltare psicologicamente la squadra anche negli impegni meno di gala. Inzaghi può ancora rimanere all’Inter, ma servirà un finale di stagione da Inter. Da vera Inter.

L’opinione di Passione Inter

Il quarto posto, come già ampiamente spiegato, è obbligatorio per la continuità del progetto nerazzurro, a prescindere da quale sarà il futuro societario. L’avventura europea, per quanto straordinaria, è stata, inutile negarlo, aiutata anche da un sorteggio molto benevolo. Proprio per questo anche l’eventuale finale non basterebbe a proteggere Inzaghi dalle conseguenze di un fallimento completo in campionato. Quando si allenano i nerazzurri, non si può “campare di rendita”. Perciò testa bassa sul quarto posto, in attesa di capire se la giustizia sportiva riuscirà finalmente a punire i colpevoli e non sempre le “vittime collaterali”.