La rigidezza e la prevedibilità delle scelte di Inzaghi: un problema per l’Inter
Il tecnico nerazzurro ha mostrato ottime cose fin qui, ma la partita di ieri ha evidenziato uno dei suoi difetti più grandiIl capro espiatorio della sconfitta contro la Lazio è stato per molti Roberto Gagliardini. Il centrocampista nerazzurro non ha di certo giocato una grande partita, anzi. Più che “inutile” è stato proprio dannoso per l’Inter, soprattutto in alcune situazioni che potevano diventare azioni da gol.
Ma chi è stato a decidere di metterlo in campo? Simone Inzaghi.
La partita di ieri sera ha sottolineato, una volta per tutte, la principale debolezza, se così vogliamo chiamarla, del tecnico piacentino. Un punto debole che in tanti avevano già individuato e per cui Inzaghi aveva ricevuto diverse critiche, già l’anno scorso: le scelte prima e durante la partita.
LE QUALITÀ DI INZAGHI
Sia chiaro, Inzaghi ha tantissime qualità che hanno permesso all’Inter di vincere due trofei la scorsa stagione. L’allenatore è stato in grado di impostare la propria filosofia di gioco, fin da subito. Una filosofia che spesso e volentieri si tramuta in un’Inter bellissima da vedere.
Inzaghi è riuscito a costruire un gruppo coeso e ha fatto sentire tutti (a parte qualche raro caso come Vecino) pienamente al centro del progetto. Difatti, il concetto di gruppo è uno degli aspetti che sta più a cuore al tecnico nerazzurro: tanto che la tesi, scritta da Inzaghi nel 2014 per prendere il patentino di prima categoria, aveva come titolo: “Dinamiche allenatore-gruppo squadra” e all’interno si sottolineava più volte l’importanza di mettere il noi, al posto dell’io.
LA RIGIDITÀ DELLA SCELTA DI GAGLIARDINI
Nulla da imputare sotto questo punto di vista. Ma è il momento di cambiare sulle scelte perché stanno diventando un problema per l’Inter.
Nei tre Inter-Lazio giocati da Inzaghi sulla panchina nerazzurra, Gagliardini è sceso in campo tutte e tre le volte da titolare. Con, ovviamente, sempre lo stesso scopo: arginare la fisicità di Milinkovic-Savic. La scelta ha anche senso dal punto di vista teorico: cambio qualcosa della mia squadra per bloccare il giocatore più forte della squadra avversaria. Ecco, però: come cambia la mia squadra?
Nel Lazio-Inter di ieri è stata lampante la difficoltà dell’Inter di sviluppare azioni pericolose per le vie centrali. I nerazzurri hanno giocato molto bene i primi 20′, soprattutto grazie alla corsia di destra con Barella e Dumfries.
Ma era praticamente l’unica soluzione di gioco per la squadra di Inzaghi.
A Sarri è bastato spostare Milinkovic-Savic per mandare all’aria la mossa di Inzaghi, che si è rivelata addirittura controproducente. Non è riuscito ad arginare il centrocampista serbo – che ha invece fornito un meraviglioso assist per F. Anderson – e ha “rimosso” all’Inter la capacità di attaccare per vie centrali.
Non è un caso che la LuLa non abbia brillato. Da un lato, c’è da dire che Big Rom non è apparso è in particolare forma ieri, sbagliando più di qualche controllo di palla. Dall’altro lato, però, i due attaccanti non hanno avuto nemmeno tante occasioni per dialogare (cosa che, sappiamo benissimo, sarà uno dei punti di forza dell’Inter quest’anno).
Ma la mossa pensata di Inzaghi è stata prevedibile. Al terzo incontro di fila, è stato presuntuoso pensare che Sarri non pensasse a un piano B, a un modo per superare quell’ostacolo che sapeva benissimo di trovarsi davanti. La scelta di Inzaghi era nell’aria, come aveva praticamente preannunciato in conferenza stampa, ed è stata rigida e schematica.
SCELTE TROPPO SCHEMATICHE
Il cartesiano “ammonito, quindi sostituito”, schierare Gagliardini ogni volta che si affronta la Lazio, le rotazioni puntuali in attacco: sono tutti sintomi dello stesso problema. La schematicità delle scelte. Scelte che vengono prese senza tener conto della situazione e del momento della partita: questa è la sensazione, almeno.
L’esordio a Lecce ci aveva illuso che qualcosa fosse cambiato, ma così non sembra. Inzaghi dovrà analizzare per bene questa sconfitta e mettersi in discussione sulla capacità di fare delle scelte prima e durante la partita: perché Calhanoglu è entrato soltanto al 76′ dopo il 2-1 di Luis Alberto? Perché non è entrato nel momento migliore dell’Inter dopo l’1-1 di Lautaro per trovare definitivamente l’1-2?
A queste domande non avremo mai risposta. Ma le risposte ce le aspettiamo da Inter-Cremonese in poi, sperando che Inzaghi faccia lo step in avanti in uno dei (pochi, per carità) punti deboli del mister nerazzurro.