Kobe Bryant si allontana dalla Virtus. Una triste storia all’italiana.
E? di poche ore fa la notizia che Kobe Bryant, guardia dei Los Angeles Lakers e considerato uno dei più forti cestisti della storia della NBA, si sarebbe allontanato dalla Virtus Bologna. Non per sua volontà, e nemmeno per quella del club emiliano. Piuttosto di traverso ci si è messa una stucchevole resistenza di altri club e un?insolita pignoleria nel rispettare i regolamenti. Ma occorre a questo punto far chiarezza nella vicenda, soprattutto per chi non l’abbia seguita da principio. Il regolamento prevede che una squadra nel massimo campionato di basket italiano non possa giocare le prime due partite di campionato in casa. La Virtus ha però chiesto a tal proposito una deroga, per incastrare i suoi impegni in modo da poter far giocare Bryant nelle dieci partite previste dal contratto, pena una perdita economica non indifferente. Due club si sono però opposti, e quindi stando così le cose Kobe resterebbe dov?è, anzi con ogni probabilità (alla luce di un lockout della NBA ancora lontano da qualsivoglia risoluzione) dirotterebbe le sue attenzioni sul campionato spagnolo, pronto ad accoglierlo a braccia aperte piuttosto che con i cavilli burocratici tipici del nostro paese. Un vero peccato, soprattutto perché l’asso dei Lakers sarebbe stato per sua stessa ammissione felicissimo di giocare in Italia, paese in cui ha mosso i suoi primi passi da cestista quando era ancora bambino. Comunque tutta questa vicenda porta a svolgere delle riflessioni che vanno al di là del caso specifico. Siamo davvero così ottusi da non renderci conto di quelle che sono delle opportunità grandiose come questa che andrebbero prese al volo piuttosto che rispedite al mittente? Ovviamente Bryant non sarebbe venuto a costo zero, anzi (si parlava di un contratto da 3,3 milioni di dollari per dieci partite), ma anche da un punto di vista meramente monetario l’affare avrebbe fatto bene a tutti, almeno stando al piano economico stilato dalla Virtus (d?altronde è facile pensare al ritorno economico che può garantire una stella come Kobe). Ma ciò che fa più male è il danno che si è arrecato alla pallacanestro nostrana. E? vero che abbiamo tre italiani in NBA ma basta guardare quanto accaduto all’ultimo mondiale per farsi travolgere da un?ondata di sconforto. La realtà è che il basket nostrano (così come pure il calcio d?altra parte) è in una fase di lenta decadenza, economica prima di tutto e qualitativa in seconda e consequenziale battuta. Per cui appare davvero una specie di suicidio insensato quello di lasciarsi scappare la possibilità di vedere seppur per un numero limitato di partite un campione come Kobe Bryant che calca i parquet di mezza Italia. Bryant avrebbe garantito un indotto a livello economico sconosciuto a queste longitudini, oltreché una visibilità internazionale esponenzialmente aumentata del nostro campionato di basket e di certo una crescita di interesse non indifferente per uno sport che in Italia è comunque surclassato dal calcio o dalla MotoGP giusto per fare due esempi. Verrebbe quindi da prendere da parte Kobe Bryant, dargli una pacca sulla spalla (a patto di arrivarci) e dirgli con un ghigno amaro ?Questa è l’Italia, baby?. Dopodiché vederlo partire per lidi più favorevoli in cui trovare una cultura (non solo sportiva) che sia meno da provincia del mondo.