L’ autobiografia di Van der Meyde: “Dopo una settimana a Milano imploravo di tornare a casa!”
Andy Van der Meyde rappresenta uno dei tanti talenti di livello mondiale che inspiegabilmente non sono mai riusciti a sbocciare e mostrare la loro classe, travolti da un mondo in cui fama e ricchezza ti avvolgono in maniera spropositata. Quando nel 2003 l’ala olandese fu acquistata dall’Inter, in molti credettero che i nerazzurri si erano assicurati una delle promesse più importanti della nazionale olandese e non solo. Ma purtroppo la carriera di Van der Meyde non decollò mai, neanche dopo il suo trasferimento all’Everton. Ora l’ex calciatore, in una autobiografia senza mezze misure, prova a raccontare il perchè.
Egli racconta della sua avventura all’Ajax, unica squadra in cui si è divertito, dove però sono nati anche i primi vizi, come le corse in macchina con Ibrahimovic e Mido e soprattutto le sigarette insieme a Galasek.
Poi è arrivato il trasferimento a Milano, che per il giocatore è stato un vero trauma. “Mi consumava la nostalgia. Passare dall’Ajax all’Inter è stato come lasciare un negozio di paese per una multinazionale,” racconta Van der Meyde in una parte del suo libro riportata dalla Gazzetta dello Sport, “un giro di soldi pazzesco, il presidente che dopo ogni vittoria allungava ai giocatori 50 mila euro a testa“.
Dopo due stagioni tra molti bassi e pochi alti, l’olandese si trasferisce all’Everton. Ma il problema non era l’Inter in sé, tanto che a Liverpool la situazione degenera. Per Andy incomincia una vita tra pub e night club, in cui alcool e droghe sono all’ordine del giorno. Ci fu l’incontro con una spogliarellista e il divorzio dalla moglie, la cocaina, il vino e le pillole rubate al medico della società. “Capii che dovevo andarmene da Liverpool, o sarei morto“, conclude Van der Meyde.
“Nessuna pietà” è la traduzione italiana del titolo della sua autobiografia: un racconto che probabilmente dovrebbe farci riflettere su quello che è il mondo del calcio ai giorni nostri e di come manchino completamente al suo interno dei processi educativi, capaci di salvare i giovani dai vizi della vita, non tramite i soldi, bensì attraverso dei valori.