Che un allenatore abbia in pugno una squadra lo si capisce dai dettagli: e un attaccante che si atteggi a primo difensore, svolgendo la fase di non possesso con la stessa pervicacia di quella offensiva ne è sicuramente un buon indicatore. Si vedano gli esempi di Eto’o nell’Inter di Mourinho, di Mandzukic nella Juventus di Allegri, di Tevez nella Juventus di Conte o – per tornare all’Inter, e per rimanere a Conte – di Lautaro Martinez in questa Inter: sempre più determinante in fase realizzativa quanto fondamentale in fase di non possesso, come evidenziato oggi da La Gazzetta dello Sport.
L’attaccante argentino, infatti (a differenza di Romelu Lukaku, cui è richiesto piuttosto di occuparsi dei contrasti, potendo contare su una maggiore prestanza fisica), è sempre più specializzato nel coprire le linee di passaggio delle squadre avversarie in fase di costruzione: un lavoro eccezionale che consente al resto della squadra, dietro di lui, di organizzarsi, compattarsi, di dominare la propria metà campo: se questo trasgredisca i canoni del buon calcio, meglio lasciarlo decidere ai critici dell’evidenza di un +11 che, oggi, concede adito a pochi dibattiti.
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