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Lautaro: “Inter, penso allo scudetto ogni giorno. Io e Lukaku ci capiamo. Conte? Mi ha fatto crescere tanto”

Lautaro Martinez e la sua bellissima fidanzata Agustina sono i protagonisti della nuova uscita del settimanale sportivo Sportweek, allegato a La Gazzetta dello Sport.

Lautaro Martinez, Getty Images

Sogno scudetto:Certo che lo voglio, lavoro per questo, sono qui per questo. Siamo un bel gruppo, anche se parliamo idiomi diversi ci capiamo e lottiamo per un solo obiettivo: vincere. Quando ci riusciremo, sarà bellissimo. Abbiamo avuto una fase di adattamento, ci sta, è arrivata gente nuova. Ora siamo lì, dove volevamo essere. Dobbiamo lavorare ogni giorno per restarci, migliorarci, per essere sempre più squadra. È l’unica cosa da fare”.

Domani la sfida con la Juventus: “Dopo tanti anni di dominio Juve, quest’anno il campionato è più equilibrato: il Covid-19, le 5 sostituzioni, hanno cambiato un po’ tutto. Ma meglio, è più divertente, meno scontato. Io non sottovaluto la Juve, non l’ho mai sottovalutata. E mi piace il gioco dell’Atalanta. Mi diverte pure la Roma, già prima del 2-2”.

I primi passi e l’importanza della famiglia: “Quando sono andato via da casa avevo 16 anni, è stato molto difficile. Adesso sono ancora più lontano dai miei genitori e dai miei fratelli e avere una persona accanto che pensa solo a farmi stare bene è importante. Lei mi dà serenità. I miei li sento tutti i giorni, ogni mattina trovo il buongiorno di mamma sul cellulare”.

Crisi al Racing:Era il 2014, stavo tanto male, piangevo, volevo tornare dai miei fratelli, siamo cresciuti insieme. E poi io già non ci volevo andare. Porta sbattuta in faccia dal Boca? Servono, ma quando sei così giovane fanno male. Me lo ricordo ancora quel provino: dopo 15 minuti mi dicono che non ho potenza, non ho velocità. Avevo 15 anni, è stato un colpo durissimo. E quando poco dopo si è presentato a casa il Racing, non ne volevo sapere. Volevo divertirmi e basta. Ma per fortuna ho ascoltato mio padre. Lui ha giocato a pallone e tante cose le ha provate prima di me. È la prima persona che sento alla fine di ogni partita. Devo dire grazie a lui e a mamma: perché quando non avevamo da mangiare, un piatto non me lo hanno fatto mancare mai. Né quello né la palla. Tutto è grazie a loro e per loro“.

Il carattere: “Agustina mi dice che devo imparare a tirar fuori le emozioni. Ma io tendo a chiudermi, a voler risolvere tutto da solo. Per fortuna lei capisce al volo quando sto male. Se mi guardo mai indietro? Sempre. Quello che ho fatto, mi ha portato dove sono. Non lo dimentico“.

Da bambino a uomo mercato da 100 milioni: “Forse non me lo immagino ancora. Nel calcio devi lavorare ogni giorno per migliorarti ed essere decisivo. Io lo faccio da quando ero piccolo. Ero così già da bambino: quando andavo a palleggiare in strada e imitavo Falcao, il mio idolo del River Plate, non tornavo a casa sino a quando non mi riusciva di fare quello che mi ero messo in testa. Anche a scuola ero così”.

A scuola: “Sì, ero… intelligente: ascoltavo quello che diceva il prof e mi rimaneva in testa. Così studiavo meno. Avrei voluto fare l’Università, Nutrizione, ma non ho avuto tempo. Ho scelto il calcio”.

La passione per il basket: “Se non avessi fatto il calciatore, avrei giocato a basket. Come mio fratello Jano. Mi piaceva, ero un play… e forse certi movimenti, le virate, le ho imparate sul quel campo che c’era vicino casa mia. A Bahia Blanca si gioca tanto a basket, grazie anche a Manu Ginobili. Ho messo piede in quel campo per caso, ma mi è piaciuto subito: la mattina andavo a scuola, poi calcio e basket. O viceversa. La sera ero distrutto. Dormivo poco, mangiavo male. Non ero mai a casa. Così mio padre mi ha messo spalle al muro ed io ho scelto il calcio. Sono nato in uno spogliatoio di calcio, seguivo papà anche in trasferta, sempre“.

Papà calciatore: “Era un’ala. Ha giocato nel Rosario, nel Racing de Olavarria e nei Liniers, piccolo club di Federal B dove ho iniziato io. Quando ha smesso lui, l’anno dopo ho esordito io. Mi portava al campo e si metteva in porta per farmi tirare. Tutti i giorni. E quando non c’era, giocavo con Alan, mio fratello più grande. Mettevo in porta lui… Io ho fatto l’ala, il difensore ma il portiere mai… Giocavamo sempre insieme“.

Cuore grande:Aiutare chi ha bisogno, i bambini, la mia città è una cosa normale. Quella è casa mia, ci torno appena posso. C’è la mia famiglia, la mia gente, mia nonna, i miei amici. Pace, amore“.

Le grigliate “con Lukaku”: “Adoro l’asado e piace anche a Rom. Mi rilassa grigliare in terrazza. Prima di questa pandemia, organizzavamo spesso da me. Tutti insieme. Speriamo di poterlo rifare presto”.

Altre passioni:Pugb, uno sparatutto, ci gioco con l’ipad. Con Lukaku, per ore”.

La LuLa:Con lui sto bene, in campo e fuori. È un bravo ragazzo, parla otto lingue ed è importante questo in una squadra come la nostra. Ed è molto umile. Ha una storia simile alla mia, veniamo dal niente, ci capiamo”.

Su Zanetti:È stato con me dal primo giorno, non conoscevo una parola di italiano, né Milano. Mi ha dato una maglia importante. Mi ha aiutato tanto“.

Sergente Conte: “Quanto è esigente? Molto. È un allenatore che lavora per migliorarti fisicamente e tatticamente. Per me è stato fondamentale il suo arrivo all’Inter, mi ha fatto crescere tanto. E non voglio fermarmi”.

Esigente con se stesso: “Sono così, sono nato così: voglio sempre giocare, segnare, vincere. Agustina dice che devo godermi di più le cose belle e avere più pazienza quando qualcosa va male. Ma io se sbaglio un gol o se perdo, sto male. Lo so che dagli errori si impara. Dopo l’espulsione a Cagliari di un anno fa, ho letto tante cattiverie che ora non apro neanche i giornali. Mi concentro sul lavoro e la mia famiglia”.

La Serie A:La conoscevo poco, ero sempre in strada a giocare. C’era una sola tv in casa e guardavamo quello che la mamma e papà volevano. Lukaku, Ronaldo e Ibra? Sì, ci sono tanti giocatori forti, è un campionato importante. Speriamo che la gente torni allo stadio, mi carica. San Siro è immenso, pieno è bellissimo“.

Messi in nerazzurro: “È stato un sogno anche per me, certo che sì. Giocare con lui è fantastico. È il miglior giocatore al mondo. Ho la fortuna di giocare in nazionale con lui. Noi giovani guardiamo lui, ascoltiamo lui. Maradona? Mi hanno parlato tanto di Diego, ho visto tanti video, sarà eterno. Ma con Messi ci gioco, vedo in diretta le sue magie“.

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Raffaele Caruso