Dopo lo Scudetto vinto con l’Inter nel 2021, per Lautaro Martinez quello appena vinto è stato il primo da capitano nerazzurro alla prima stagione con la fascia al braccio. Una gioia immensa per l’attaccante argentino che si appresta a vincere ufficialmente il titolo di capocannoniere del campionato di Serie A grazie ad una stagione sensazionale. Di questo e tanto altro ha parlato nell’intervista sulle pagine de La Gazzetta dello Sport:
SCUDETTO – “È una gioia per la vita, io considero l’Inter semplicemente casa. L’ho sentita proprio così dal giorno 1 ed è forte anche il legame con Milano: qui c’è una atmosfera speciale, qui crescono i miei figli, qui mia moglie ha un ristorante. Qui sento l’amore della gente. Devo tutto alla società e al popolo interista: mi sono stati dall’inizio vicini, solo grazie a loro sono riuscito a diventare capitano, che è onore e responsabilità. Alzare la coppa della seconda stella con la fascia è un sogno che mi ha dato il calcio”.
CAPITANO – “L’ho detto dall’inizio ai miei compagni, un capitano ha bisogno di tutti. Ho parlato con i vari Darmian, Acerbi, Dimarco, Bastoni, Barella…: serviva il loro aiuto e me lo hanno dato per spiegare ai nuovi cosa sia l’Inter e chiarire il percorso da fare tutti insieme. Ad esempio, a inizio stagione ho parlato in maniera netta ad Asllani che vedevo un po’ giù: aveva bisogno di una scossa e anche così è cresciuto perché ha tutto per essere il play del futuro dell’Inter. Per un po’ non mi ha parlato, ma poi ha capito e mi ha ringraziato. Per ora questo è il mio ruolo, ma in futuro non mi vedo allenatore…”.
CAPOCANNONIERE – “Una gioia nella gioia, i numeri dicono che ogni stagione riesco a migliorarmi perché questa è la mia mentalità: cercare di superarmi, avere nuovi obiettivi. Il gruppo viene davanti al singolo, io ho solo capitalizzato un lavoro di tutta la squadra”.
CRESCITA – “Qualche movimento nuovo perché prima giocavo da seconda punta, mentre quest’anno ho fatto il centravanti con Thuram che cercava la profondità e dialogava con gli altri. I gol più importanti sono stati a Torino con la Juve e a Firenze dopo la Supercoppa, quando avevamo tante assenze ed eravamo stati superati in testa: lì abbiamo dato un segnale decisivo . Da febbraio ho segnato meno, è vero, ma non va guardato solo il gol che a volte non arriva: conta quante occasioni generi, il bene che produci per la squadra. Certo che dovrei migliorare ed evitare questi momenti, ma anche quando la palla non entra aiuto sempre e non mi risparmio”.
LUKAKU O THURAM – “Ho fatto grandi cose con Romelu, uno che da solo porta via due uomini, ma con Marcus ho più possibilità, più scelta, più spazi. Con i suoi movimenti ti libera e poi è davvero un bravo ragazzo. Porta sempre un sorriso nello spogliatoio. Siamo diversi, lui mi dice che rido poco e forse lui ride… molto, e poi non mi vestirei mai come lui: che coraggio che ha! Scherzi a parte, non mi aspettavo di trovarmi così bene con Marcus, ma è stato decisivo partire insieme già dal ritiro. Dopo anni ho fatto una preparazione completa, dopo aver superato definitivamente il problema alla caviglia che non mi aveva fatto vivere il Mondiale come avrei voluto. Se ci penso ancora, mi viene da piangere…”.
LUKAKU – “Se l’ho più sentito? No, non mi ha risposto quella famosa volta e per entrambi è finita lì. Abbiamo tutti voltato pagina”.
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