Lele Oriali, l’opinionista forte
?Moratti dopo Mourinho: qual è l’uomo forte della società?? così la curva nord ha esposto il suo parere sull’involuzione della nostra amata squadra, in occasione della sfida del 17 settembre tra Inter e Roma, la gara che nelle ultime stagioni ha messo a dura prova le nostre coronarie e fatto spendere centinaia di euro per prendere la versione aggiornata della sciarpa e della bandiera con i trofei vinti.
Studi di psicologia sociale hanno ben delineato quelli che sono i parametri di formazione di un gruppo che possa definirsi coeso e ben organizzato per raggiungere gli obiettivi prefissati, senza tralasciare quello che è l’impianto delle relazioni personali. I caratteri fondamentali sono quelli dell’istituzione di un leader, capace di incarnare il ruolo di motivatore, trascinatore e anche di essere il volto del gruppo. Tutti noi ben ricordiamo come Mourinho, nel suo biennio glorioso, abbia creato e cementato quella che prima di lui faticava ad essere definita una squadra e che alla sua partenza era diventata una vera famiglia. Il “rumore dei nemici” è diventato il cavallo di battaglia, quello che in psicologia è chiamato il contro, ciò che è esterno al gruppo e gli permette di compattarsi e aumentare la forza combattiva e di coesione per superare i propri limiti. Mou era il leader perchè era stato riconosciuto come tale dagli stessi giocatori, disposti a diventare i mandanti del suo messaggio di calcio vincente.
Ma questo è il leader forte, quello che brucia intensamente irradiando luce ma consumando la materia, un leader che ha bisogno sempre di nuovi stimoli per tenere viva la fiamma, lasciando dietro di sè terre bruciate. Ma forse non tutti sanno che la terra bruciata è uno dei terreni più fertili, su cui poter ricostruire coltivazioni altrettanto rigogliose. In quella Inter però il vate di Setubal non era l’unico leader: c’era un altro personaggio che ha sempre fatto dei media un’arma di cui servirsi solo a tempo debito, con dichiarazioni forti, che facciano sentire il ruggito amplificato dal silenzio usuale, molto più forti dei rumori quotidiani che alla lunga diventano indistinguibili: Lele Oriali.
In campo ricopriva il ruolo sporco e silenzioso del mediano, quello che corre, ruba palloni e li smista a destra e a sinistra per imbastire le azioni che porteranno alla esaltazione di altri singoli, ma alla gloria della squadra. E da dirigente non poteva che essere lo stesso infaticabile uomo dell’ombra. A lui si deve la costruzione della squadra che tanto abbiamo decantato il 22 maggio, chi davanti a un maxischermo, chi in poltrona e chi direttamente nell’atmosfera madrilena. Ricordo in modo molto nitido un pomeriggio passato alla pinetina di qualche anno fa: come tanti tifosi ero lì fuori dal cancellone verde ad attendere i miei eroi. Era il 2000, pochi giorni prima della disastrosa gara di ritorno contro la semi sconosciuta Helsingborg , i tifosi erano pieni di speranza e uno dei primi ad uscire è stato mister Lippi. “Mister, contro quelli vinciamo vero?” E lui rispose con un tiepido “speriamo” Poco dopo arrivò ai cancelli anche colui che, come canta Ligabue nella celebre canzone, ha vissuto una vita da mediano, che alla stessa domanda rispose “Ma certo: siamo l’Inter!” Penso sia inutile commentare la diversità delle risposte, ma ogni giorno mi convinco del fatto che se fosse sceso in campo Oriali avrebbe fatto vincere la partita sputando sangue per i nostri colori.
Dopo avvenimenti ancora poco chiari Lele si è, o è stato, fatto da parte, lasciando un vuoto che difficilmente può colmare una persona qualunque. Ora eccolo lì, è sempre seduto su una poltrona, ma dietro a una scrivania e le telecamere non sono per la squadra, ma tutte per lui. Malgrado questo, con la classe che lo ha sempre contraddistinto, riesce sempre ad essere efficace senza essere protagonista e quando la serata è dedicata alla sua Inter, proprio non ce la fa a non ritornare ad essere il leader che ora ci manca. Proprio dopo la partita contro il Napoli l’ex Inter ha svolto in modo esemplare il suo compito: ai microfoni va Cambiasso, vistosamente innervosito dalla prestazione arbitrale di Rocchi e i giornalisti sfruttano la sua espressione per strappargli una dichiarazione da titolo sul giornale. Oriali scatta e va in anticipo, con la maestria che i più “Saggi” gli hanno sempre riconosciuto sui campi, e prima che l’argentino aprisse bocca lo invita a non dire nulla, perchè avrebbe corso il rischio di venire squalificato, mentre lui poteva dire ciò che voleva, consapevole che avrebbe incarnato il pensiero della squadra. Il sorriso e la complicità del Cuchu hanno fatto il resto, chi ama la nostra squadra e in generale chi ama il calcio non può non aver visto in quel siparietto una tremenda nostalgia, da parte di entrambi i fronti, l’uno dell’altro. Sempre dagli studi di Mediaset Premium ha poi espresso solidarietà a mister Ranieri per l’espulsione rimediata in quella stessa gara dicendo che anche a lui capitava spesso perchè “ero piazzato lì proprio perché dovevo difendere il tecnico, era il mio ruolo e dunque non c’era nulla di male”
Esattamente, quello era il tuo ruolo caro Lele, ma una cosa di male c’è purtroppo: quel ruolo non è più tuo e a tutti noi manca quell’uomo forte in società, soprattutto ora che ogni domenica vediamo come tu sia anche un opinionista forte!