L’INTERTINENTE – Vota Antonio! Proseguire insieme, per la corsa alla gloria
Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurriAttesa più di quella d’una nomina papale, la fumata bianca che ha succeduto la conclusione del vertice degli stati maggiori dell’Inter, non soltanto decreta la conferma di Antonio Conte sulla panchina nerazzurra ma certifica l’approvazione da parte della società del suo operato in questa stagione e rinsalda la fiducia per quella ventura.
Benché alcuni vogliano bollarla come un errore e non si diano pace per un capovolgimento così inaspettato – per quanto non impronosticabile -, è stata la scelta più azzeccata della proprietà Sunning da quando questa si è insediata: riconoscere l’enorme validità dei piazzamenti ottenuti nell’annata archiviatasi venerdì sera nella Finale di Europa League, è un dovere imprescindibile, così come ammettere che l’apporto di Conte sia stato determinante perché si (quasi) azzerassero i punti di ritardo dalla Juventus e si ritornasse ad essere competitivi in una manifestazione internazionale.
I passi in avanti non sono stati solo tanti, ma anche netti ed inappellabili: i bastian contrari aprioristici e gli adulatori (a comando) di Massimiliano Allegri potranno pure legittimamente bocciare la decisione di Steven Zhang ed etichettarla come un segnale di quella debolezza tanto denunciata ed aborrita proprio da Conte, senza però poter obiettare sul contributo che il tecnico leccese ha indiscutibilmente offerto sin dai primi passi compiuti ad Appiano Gentile.
In secondo luogo, aver riportato un equilibrio interno ed aver acquietato Antonio sono le controprove di una continuità di pianificazione che l’Inter sta cercando di condurre da diverse stagioni: cominciata seriamente con Spalletti dopo la catastrofica parentesi 2016/2017, la costanza progettuale invocata ed introdotta a dosi parsimoniose da Sunning ha visto un primissimo bagliore di luce grazie appunto a Conte, in assenza del quale non si sarebbero migliorati gli epiloghi della precedente decade e le possibilità di argomentare su un futuro brillante ed auspicabilmente vincente si sarebbero ridotte al lumicino.
Non è un caso, infatti, che dal 2010 ad oggi si siano avvicendati ben 12 allenatori in nemmeno 10 anni, ovvero l’iconografia di un’irresolutezza programmatica e di un’incompiutezza strategica che non può attenersi ai parametri di una squadra che si preponga di trionfare e di incidere indissolubilmente il proprio nome nella storia.
Capeggia, dunque, intoccabile la certezza che Conte sia il profilo giusto anche per l’immediato avvenire, dato che non sia comune la sua capacità di garantire un’acquisizione di maturità, una sicurezza nei propri mezzi, una crescita progressiva ed esponenziale dell’intero gruppo, e di calamitare l’attenzione e l’interesse di giocatori tra i migliori e più talentosi in circolazione. Attualmente, al pari di Jürgen Klopp e di Diego Simeone, Antonio Conte è l’unico che assicuri un piano di successo e che riproponga l’effige dell’uomo solo e forte al comando, di cui l’Inter ha disperato bisogno per tornare ad affermarsi a livello nazionale ed europeo.
Più epicamente, Conte è il pioniere della rivolta del proletarismo calcistico – quello passionale, impulsivo, e a tratti becero, incontrollabile ed incensurabile – contro l’ipocrisia e l’arroganza dell’aristocrazia pallonara. In ciò ed in molto altro, i parallelismi con Giovanni Trapattoni si sprecano, nella speranza che il domani del salentino sia roseo tanto quanto lo è stato il passato del Trap. Ed è per questo che io, come sempre, voto Antonio!
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