Parla Cambiasso: “Spero che Zanetti non mi chiami mai per allenare l’Inter, e vi spiego perché”
L'ex centrocampista nerazzurro ospite d'onore a #CasaSkySportOspite d’onore negli studi di Sky – durante #CasaSkySport – prima dell’ex compagno all’Inter Julio Cruz, Esteban Cambiasso ha risposto alle tante domande arrivate dai tifosi per lui e rievocato ricordi legati alla sua gloriosa esperienza nerazzurra. Ecco le sue dichiarazioni.
Nostalgia del calcio – “Il calcio mi manca, sia vederlo che discuterlo lì con voi. È una cosa che mi rende molto felice, quindi sì, mi manca molto”.
Nuova vita da commentatore – “Innanzitutto io cerco di fare tutto pensando ad una crescita. Se uno pensasse di essere già il migliore in tutto avrebbe già perso in partenza, invece condividere le attività con altri professionisti ti fa crescere molto. Cerco sempre di spiegare quello che vedo e penso di una partita, ma anche di imparare dai miei colleghi”.
Inter banco di prova – “Sì, ma non soltanto Milano. Anche quando lasciai l’Inter e andai in Premier League fu una scelta per imparare un altro modo di vivere lo sport ed altri metodi di lavoro, anche se in una squadra neopromossa. Tutte difficoltà che si teme di affrontare ma che ti fanno crescere molto. E lo stesso vale per quando andai poi in Grecia, altro mondo completamente diverso”.
Con chi avrebbe voluto giocare – “Chi mi conosce sa che il mio idolo è sempre stato Fernando Redondo, e quindi giocare con il mio idolo è una cosa che ho già fatto. Sarebbe difficile immaginarlo con me all’Inter, visto il suo passato al Milan. Però quello con cui ho sempre voluto giocare è stato lui”.
Allenatore più significativo – “Sarei ingiusto se non parlassi di quelli che ho avuto fin da bambino, che furono fondamentali. Dai 6 fino ai 12-13 anni, diciamo. Di quelli un po’ più conosciuti direi il mio grande maestro, José Peckerman, col quale ho condiviso la bellissima esperienza sulla panchina della Colombia”.
Se non fosse stato calciatore – “Io sono un amante di tutti gli sport. Io dico sempre di essermi trovato a fare il calciatore, non l’ho stabilito a tavolino. Probabilmente avrei cercato di raggiungere un ruolo in dirigenza, sempre però nel mondo del calcio. Poi fin dai 18-19 anni in Argentina ho sempre cercato di ragionare un po’ come gli allenatori. In campo ci sono ruoli e ruoli, nel mio dovevi essere al corrente di tutto quello che accadeva: davanti, dietro e sulle fasce. La palla, in quel ruolo, la gestisci continuamente”.
Cambiasso e i ricordi dell’Inter del Triplete
De Rossi – “Nonostante le tante guerre calcistiche che abbiamo fatto io sono sempre stato un grande estimatore di Daniele. Temperamento e grinta di alto livello, ma anche un’intelligenza calcistica fuori dal comune. So che proverà ad intraprendere la carriera da allenatore: se dovessimo ritrovarci a battagliare nuovamente sarà un piacere!”.
Ko con la Roma nel 2010 – “Io penso che a volte si abbia una percezione errata delle motivazioni dei calciatori. A volte gli allenatori hanno più il ruolo di calmarli, che non di incitarli. Quello era un gruppo nel quale Mourinho fu bravissimo ad equilibrare le emozioni, capitò poche volte il bisogno di motivarci. Cercava più che altro di darci fiducia. Un allenatore che deve infondere motivazioni in una squadra non esiste: al massimo può farlo per qualche partita, ma la motivazione nasce naturalmente dal gruppo”.
Diventare allenatore – “Ci sono delle tempistiche da rispettare. L’altro giorno abbiamo fatto una diretta su Instagram io e Zanetti, e tutti mi chiedevano questa cosa! Io purtroppo ho avuto un rapporto felicità-tristezza molto impari nella mia vita. Io ho vissuto quasi come una normalità la vittoria, mentre soffrivo tantissimo le sconfitte. Anche per questo credo che la mia famiglia e i miei amici si siano guadagnati del tempo con me senza pensieri. Inter o meno, la carriera del Cambiasso allenatore può aspettare ancora!”.
Chiamata di Zanetti – “L’ho detto proprio l’altro giorno: normalmente chi ti chiama per allenare è la stessa persona che ti manderà via, chiunque esso sia. In questo senso, quindi, l’ultima persona che vorrei che mi chiamasse sia Javier!”.
Eto’o o Ibrahimovic – “Non si può sceglierne solo uno. Quando venne creata quell’Inter non si ragionò sui singoli, ma su tutta la squadra. Io non credo nel calcio teorico, bisogna vedere in base ai momenti e alle necessità della squadra. Sono stato molto felice di giocare con entrambi, e lo stesso dico per Diego Milito: non potrei dirti di scegliere lui piuttosto che un altro”.
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