EDITORIALE – Lo stregone di Certaldo
Il consueto editoriale serale del lunedì che ci consente di focalizzare ciò che abbiamo prima ancora di ciò che ci manca. E, in fondo, uno stregone toscano non è una cattiva assicurazione sul futuroMentre il pubblico nerazzurro frigge in attesa di capire se l’Inter è già attiva sul mercato o no (per quanto sotto traccia), le pochissime certezze che si possono avere sulla prossima stagione della Beneamata rispondono tutte al nome di Luciano Spalletti. E non sono comunque tante, visto che il tecnico toscano si è appena insediato laddove dovrà spendere i suoi prossimi due anni.
In questo clima di incertezza pressoché totale, quel poco che possiamo presumere finora – lasciatoci lì da Spalletti come becchime per piccioni affamatissimi soprattutto durante la conferenza stampa di presentazione – è che, per cominciare, lo spogliatoio avrà nuovamente un uomo forte al comando (sì, sì, è l’ennesima citazione dell’aforisma dei destini forti. Il problema è che resta divertente a prescindere da quanto spesso si ripeta) e, non un particolare di poco conto, la parte tattica della preparazione delle partite sarà il giusto miscuglio tra l’integralismo di Pioli, la vena sperimentale di de Boer e l’affidamento alla sensibilità dei singoli – eufemismo, lo so – tipico del Mancini post 2005. Il tutto condito da un pragmatismo che il buon Luciano ha sviluppato appieno solo dopo la sua prima esperienza romana e di cui ha colto i frutti nella seconda tranche in giallorosso. Di fatto, si può dire che l’ex mister giallorosso è l’allenatore italiano attualmente più equilibrato tra concettualismo e risultatismo. È già intrigante, no?
È prestissimo per ipotizzare come giocherà, nonostante ci sia già chi ha abbondantemente provato a leggere le carte dell’uomo di Certaldo prima ancora che lui stesso possa riceverle dal mazziere. Quel che sappiamo è che cercherà di costruire un impianto di gioco il più possibile adatto a quelle che sono le risorse umane a disposizione: Spalletti si è costruito negli anni come un allenatore che ragiona da sarto. La preparazione della partita e i compiti tattici sono il vestito tagliato su misura per i calciatori che decide di schierare. Il che, però, non gli impedisce di compiere scelte spiazzanti che a volte pagano, a volte no. Ma senza dubbio è un tecnico dinamico, in continua evoluzione e sempre alla ricerca del cambiamento che gli consenta di essere un passo avanti e quanto meno provare a livellare il gap con le squadre più forti della sua.
E, tornando a bomba, non si deve mai dimenticare che Big Luciano non è un tenerone. Nemmeno per sbaglio. Nello spogliatoio si fa rispettare, eccome. E le mancanze disciplinari vengono punite. È riuscito a tenere testa a un monolite marmoreo come Totti a Roma, di fatto vincendo la contesa, saprà imporre la sua autorità anche a Milano. Ovviamente questo non significa che la società possa lasciarlo solo; anche Spalletti è umano – e per di più è pure nuovo – dunque avrà bisogno tutto il supporto che l’Inter saprà garantirgli. E non dovrà essere solo a parole, come con de Boer, ma fattuale e ben tangibile. In tutto ciò anche i tifosi, i quali, in tanti(ssimi), hanno storto il naso di fronte all’annuncio della corte prima e della firma poi con l’uomo di Certaldo, dovranno fare la loro parte e capire fino in fondo quanto sarà importante schierarsi alle spalle del mister toscano, garantendo anche a lui il pieno e totale supporto. Eventualmente mettendo i tappi per le orecchie se non se ne approva la gestione dei media: la retorica spallettiana non deve per forza appassionare tutti. Basta che dia qualche titolone ai giornalisti di quando in quando, allontanando il mirino dalla squadra o puntandocelo, a seconda delle esigenze.
Stiamo entrando nell’ultimo terzo di giugno, i gradi centigradi aumentano sempre più di pari passo con la voglia di tornare a competere seriamente per qualcosa di pregiato dopo anni di astinenza forzata e dolorosa ma è bene concentrarsi su quanto si ha in mano fin da ora. Ed è Luciano Spalletti. Non poco.