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Lukaku si racconta: “Adriano idolo, ma avrei voluto giocare con Ronaldo. E quel gol al Milan…”

È stato l’uomo qualificazione con il Porto, ora l’Inter si augura possa esserlo anche con il Benfica. Dopo il gol con i Dragoni, che di fatto ha regalato il pass per i quarti di finale, e quello all’andata con le Aquile, Lukaku è pronto a timbrare il cartellino anche questa sera, nella sfida di ritorno. Nonostante le difficoltà in campionato, Big Rom è stato decisivo nella fase a eliminazione diretta in Champions e, a poche ore da un’altra partita cruciale, si è raccontato nel Matchday Programme di giornata.

Ecco le sue parole, reperibili sul sito ufficiale dell’Inter.

IDOLO – “La cosa più importante è avere sempre nuovi obiettivi, avere voglia di migliorarsi sempre. La determinazione è il motore, anche se poi ci sono altri valori altrettanto importanti. Quando ero piccolo la concezione del calcio era diversa. Alcuni dicevano che un calciatore di potenza che utilizza solo il sinistro non avrebbe potuto fare più di tanto. E poi è arrivato Adriano, lui mi ha aperto il mondo, l’ho visto giocare quando avevo 10 anni e da quel momento tutto è cambiato per me. Con chi avrei voluto giocare? Anche con Ronaldo il fenomeno, la maniera in cui stava in campo era incredibile. Chi avrei sfidato? Materazzi perché è alto, forte e aggressivo, uno di quei difensori che ti mette in difficoltà e dalle difficoltà si migliora sempre”.

GOL AL MILAN – “Se ripenso ai gol più emozionanti in nerazzurro tra i più belli c’è sicuramente quello del 3-0 contro il Milan. Perisic ha calciato la palla, c’eravamo io e Nicolò (Barella, ndr), ricordo di avergli detto ‘Lascia lascia!,’ ho preso la palla e ho visto che c’era spazio per andare. Ho cominciato a correre, prima volevo fare un doppio passo per andare a destra, poi sono andato sul sinistro. Ho visto quel buco in porta e ho pensato ‘devo calciare il più forte possibile con l’interno del piede: se ce la faccio, è gol’. Poi la palla ha fatto quel movimento ed e entrata, è stato un momento bellissimo”.

Nicolò Brunner