Sono giorni di interviste intense in casa Inter dopo la vittoria aritmetica dello scudetto sancita la scorsa domenica dal pareggio tra Sassuolo e Atalanta. Questa mattina, dopo aver già riportato le parole di Christian Eriksen, ecco quelle di Romelu Lukaku affidate questa mattina alle pagine del Corriere della Sera: “Il titolo è della squadra, del club, dei tifosi, non mio. Non è che d’ora in avanti mi considero un top in player, sono uno che aiuta a vincere, mi metto sempre a disposizione dell’allenatore. Tutti i giocatori hanno fatto un salto di qualità, speriamo che la crescita possa portare altri trofei”.
Ha festeggiato in giro per la città, in mezzo alla gente. Il suo rapporto con Milano?
“Da quando sono atterrato, il primo giorno, mi sono sentito bene qui. L’amore dei tifosi l’ho percepito subito: è stato l’inizio di una bella storia. Mi sono detto: ‘Devo fare tutto il possibile per far vincere questo club’. Sono stati anni difficili per l’Inter, non c’era un trofeo da tempo. Sento questo titolo ancora di più, volevo stare con la gente”.
La festa è stata criticata, 30 mila tifosi per le strade con la pandemia. Ha esagerato Milano? C’è stato un errore?
“La gente voleva festeggiare, ho capito l’emozione dei tifosi, ma siamo in una situazione difficile. Possiamo fare qualcosa anche domani, ma in sicurezza, il quadro generale è delicato. Vogliamo essere tutti uniti, però se facciamo le cose per bene si tornerà alla normalità prima”.
Ha avuto momenti di paura in questo anno di pandemia?
“La priorità è proteggere mia madre e mio padre. La mia vita è Appiano-casa-Appiano, esco molto poco. Le persone a me vicine sono le più importanti, non posso metterle a rischio. Resto a casa, mi concentro sul calcio. È stato difficile a livello mentale. Il calcio mi ha aiutato a trovare un alto livello di concentrazione. Cerco di vedere il positivo anche nel negativo”.
Conte ha detto tante volte: ‘Non sapete cosa ho dovuto fare per portare Lukaku all’Inter’. Come l’ha convinta?
“Subito. Il giorno che il mister ha firmato per l’Inter gli ho mandato un messaggio: ‘Arrivo’. Per me giocare per l’Inter in serie A è sempre stato un sogno. Quando ero in Inghilterra volevo giocare per il Chelsea, poi solo per l’Inter. Ho realizzato un sogno. Ora sono con l’allenatore che, per me, è il più forte. In campo non abbiamo mai sorprese, siamo preparati a tutto. Abbiamo vinto al secondo anno, il primo ci siamo andati vicini. Noi e Conte abbiamo vissuto il 2° posto in serie A e in Europa League come una sconfitta, l’abbiamo trasformata in motivazione”.
Lei è l’idolo dei tifosi, soprattutto dei bambini: sente la responsabilità?
“Mio figlio Romeo ha 2 anni. Vedo come si comporta quando gioco, è uno stimolo per me. Spero sempre che il mio comportamento in campo e l’uomo che sono possa motivare e ispirare i bambini a giocare a calcio. Sono uno semplice. Ho un po’ di talento, ma mi alleno forte per essere dove sono: il lavoro e l’educazione ricevuta mi hanno aiutato tanto”.
La sua infanzia è stata difficile, lei ha raccontato la sua povertà, di quando mamma allungava il latte con l’acqua. Si porta dentro quella fame?
“Ho ancora le cicatrici di quel periodo nella mia testa. Quando vivo momenti difficili, la mia mente torna a quei tempi: è come una sveglia. Poi ho la carica giusta per spaccare tutto. L’infanzia dura mi ha dato l’energia e la voglia di essere qualcuno. Il calcio è la mia passione, gioco anche per aiutare la mia famiglia, per non dover più metterla nella condizione di chiedere qualcosa a qualcuno. È dura dover andare a prendere il pane al supermercato e chiedere di poter pagare la settimana dopo. Volevo mettere in sicurezza i miei e aiutare gli altri”.
Fa beneficenza?
“Sì, con mia madre. Spero di poter tornare a Kinshasa l’anno prossimo per aiutare, è il mio sogno. Mia mamma va spesso, per me è importante farlo da solo e far vedere alla gente che tutto è possibile”.
Il rapporto con mamma Adolphine è molto stretto. Nel derby la lite con Ibrahimovic scoppiò proprio per una frase su sua madre. Lei reagì e perse le staffe.
“Perdevamo 1-0, avevo sbagliato un gol, ero un po’ arrabbiato. Le sue parole mi hanno colpito. Non sono contento di aver reagito così, però non sono uno che si fa mettere i piedi in testa. Sono umile e tranquillo, sono un vincente e mi batto alla morte per i compagni e per la vittoria”.
Che giudizio ha di Ibra, tecnico e umano?
“Un gran giocatore, ha vinto ovunque è passato, ha segnato più di 500 gol. Uomo? Fino al Manchester un buon rapporto. Abbiamo bisogno di giocatori di questo livello in serie A. Lui vuole vincere per sé, io per l’Inter, Ronaldo per la Juve, ora c’è Mou alla Roma: sono tutte buone cose per l’Italia. Il livello si alza, speriamo vinca ancora l’Inter”.
La coppia Lukaku-Lautaro è la più forte d’Europa?
“Non dobbiamo dimenticare Lewandowski e Muller. Noi abbiamo iniziato un bel percorso, dobbiamo continuare. Stiamo bene entrambi, in campo e nella vita, ma è l’inizio del viaggio”.
Tante grandi squadre la corteggiano. Dà importanza a certe voci di mercato?
“Mai. Prima sì. Quando sei giovane pensi in modo diverso. Giovedì compio 28 anni. Nella mia testa sono convinto di essere in una squadra che può fare grandi cose: possiamo vincere e crescere ancora, iniziare un nuovo ciclo. Abbiamo un allenatore che cerca sempre di dare il massimo”.
Quindi Conte non va via?
“No, penso di no. Anche lui è veramente contento perché si trova bene. Ha una squadra che lo segue e gli dà grande disponibilità, in allenamento e in partita. Abbiamo tutto per aprire un nuovo ciclo”.
Capitolo Champions League. Quanto ha pesato non passare i gironi e quale obiettivo si pone per la prossima?
“Uscire nel girone è stata una grande delusione: in quel gruppo saremmo dovuti passare. Il Real Madrid è forte, ma eravamo meglio delle altre due, abbiamo sbagliato. È difficile giocare contro l’Inter: I 30 mila in Duomo? La gente voleva festeggiare. Ho capito l’emozione dei tifosi, ma siamo in una situazione difficile. Domani possiamo fare qualcosa, ma in sicurezza noi gol lo facciamo sempre. Se una squadra deve attaccarci fa fatica. Possiamo difendere per 90 minuti: se decidiamo di non prendere gol gli altri non riescono a farcelo, non c’è verso. L’anno prossimo dobbiamo superare il girone, poi può succedere di tutto”.
Tra un po’ iniziano gli Europei, il Belgio parte tra le favorite. L’Italia come la vede?
“Gli azzurri sono forti, li ho visti giocare tre-quattro volte. Bella rosa, Mancini è un bravo allenatore: sono tra i favoriti”.
Ha scommesso con Barella su chi arriverà più avanti?
“No, non volevo rischiare”.
Siete molto amici però?
“Ho bisogno di Nicolò mi dà energia: si nutre dell’energia dei suoi compagni, esattamente come me”.
L’italiano lo parla proprio bene: talento o studio?
“Da giovane guardavo le partite della serie A su Sky, con la telecronaca in italiano. Sognavo di giocare per l’Inter. A Manchester c’era Matteo Darmian, gli dicevo: ‘Andrò all’Inter, vedrai. Tu devi parlare con me solo in italiano e io ti rispondo in inglese’. Sono arrivato qui e già conoscevo abbastanza bene la lingua”.
Si spende sempre molto contro il razzismo. In Italia, a Milano, ha vissuto episodi spiacevoli?
“Mai. Solo una volta a Cagliari. Anche in Italia hanno capito che non ha senso. Siamo in un Paese bellissimo, in cui vive gente di differente colore, religione: dobbiamo solo rispettarci. Ho vissuto in tanti posti in Europa, questo Paese però mi ha dato davvero molto. Non posso far altro che ringraziare per come sono stato accolto. Ora voglio solo aprire un ciclo con l’Inter”.
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