Dal Piccolo Teatro Strehler di Milano l’evento del Festival dello Sport, organizzato da La Gazzetta dello Sport, dedicato all’attaccante dell’Inter Romelu Lukaku. L’attaccante belga ha ricevuto anche il premio Facchetti e rivissuto le tappe più importanti della sua carriera.
Sulle orme di papà: “Mi ha insegnato la disciplina, la mentalità. Sono cose che lui mi ha dato. Avere rispetto degli altri. Salutare e guardare le persone negli occhi. Un suo gol che ricordo? Quello contro l’Anderlecht. Lui aveva una collezione di gol che ha fatto e il gol con l’Anderlecht mi è sempre rimasto in testa”.
Il rapporto con la mamma: “E’ stato bruttissimo quando le è stato diagnosticato il diabete, non lavorava. Non avevamo niente da mangiare a casa. Senza di lei non sarei mai stato Romelu Lukaku, senza i suoi sacrifici. Ecco perché ogni volta che segno il primo pensiero va a lei”.
I primi passi: “Da sei anni avevo la visione di essere calciatori. Quando mi svegliavo c’era la voglia di lavorare per il mio obiettivo. Se io esco era solo per giocare a calcio con gli amici. Io e mio fratello siamo stati fortunati ad avere mia mamma e mio papà vicini per realizzare il mio sogno”.
La differenza di cultura tra Inghilterra e Italia: “Non voglio pensare a questa cosa. Da quando sono a Milano le persone mi danno sempre amore. Quando sono arrivato in Italia ho subito sentito l’amore degli italiani, questa cosa succede solo qui. Quello che voglio fare è dare tutto per l’Inter”.
Lo stadio vuoto: “Brutto. Innanzitutto perché si sente tutto (ride ndr). Noi calciatori abbiamo emozioni ma è brutto giocare senza tifosi perché ti danno energia. Quando giochiamo a San Siro è bello giocare in uno stadio pieno. Spero che i tifosi possano rientrare allo stadio”.
Su Conte: “Dove mi ha migliorato? In tutto. Se vuoi essere un giocare devi capire che il sacrificio è tutto. Sapevo che lui era un buon allenatore e ho dato ogni giorno il 100%. Ora stiamo facendo le cose per bene ma dobbiamo migliorare”.
Il sogno della Champions League: “Abbiamo fatto bene nella stagione passata ma dobbiamo parlare in campo. Dobbiamo lavorare in allenamento”.
I compagni di squadra: “I più divertenti sono Sensi, Young, Martinez, Handanovic e Nicolò Barella. Il più serioso? Non c’è veramente. Siamo una squadra unita, non ce n’è uno che resta da solo”.
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