Materazzi: “Il 5 maggio 2002 è stato il momento più brutto della mia carriera. Skriniar migliore di me. E su Icardi…”
Le parole dell'ex difensore nerazzurro sul suo passato e sul post addio al calcio giocatoMarco Materazzi, ex difensore dell’Inter, ha parlato a Libero, raccontando la sua infanzia, la sua carriera e ciò che sta facendo adesso, dopo l’addio al calcio. Ecco le sue parole:
INFANZIA – “Avevo due anni, forse tre. Sedevo su uno dei materassi che ornava lo Stadio della Vittoria, a Bari. Sotto le braccia, tenevo due palloni. Al di là delle qualità, più o meno eccelse, mi ha aiutato la volontà. A sette anni militavo in una squadra. Mio padre mi avrebbe voluto nel basket, ma io mi alzavo la mattina, alle 6.45. Prendevo la mia borsetta e me ne uscivo. Non avrei potuto giocare, ché il regolamento prevede che fino agli otto anni non si possa scendere in campo. Facevo il guardalinee, perché quello era l’unico posto in cui sarei potuto stare“.
POST ADDIO – “La spalla di mia moglie. Il mestiere più difficile al mondo è fare la mamma, e a casa deve comandare la donna. Opinionista? Da giocatore, guardavo gli opinionisti e pregavo perché nessuno mi facesse mai fare quella fine. Criticano, accusano. Mi piace Lele Adani, che al giudizio tecnico sa unire un insegnamento positivo. Ma Adani, io, non me la sento di farlo, quindi sto a casa“.
CAMPI DI BATTAGLIA – “Campi di Battaglia? Ho accettato perché lo show mi ha permesso di mettere in campo il mio passato, il mio background. Di rivivere i momenti, belli e brutti, di quel che sono stato e, forse, di dare qualcosa ai bambini che mi guardano Racconto la mia strada, senza bugie o volontà di apparire altro da quello che sono“.
DIFFICOLTA’ – “Sono orfano di madre da quando ho 15 anni e già questo potrebbe bastare. Da ragazzino, però, ho dovuto fare i conti con le prime intimidazioni. Ai tempi del Marsala, andai a Rosarno con la squadra. Gli avversari avrebbero dovuto vincere. Protestavo, e quelli mettevano il dischetto del rigore a sei metri. Cercavo di cancellarlo, e l’arbitro mi ignorava. Alla fine, ci ruppero pure i finestrini dell’ autobus. Vinsero? Sì. Vinsero. Purtroppo, queste cose oggi non succedono più. Purtroppo nella misura in cui, credo, ai miei figli farebbe bene confrontarsi con queste cose. Formerebbe i loro caratteri, più della playstation”.
MOMENTO PIU’ BRUTTO – “Il 5 maggio 2002, quando pensavamo tutti quanti di poter ottenere un risultato impensato all’ inizio dell’ anno, ma sofferto e sudato“.
SOGNO DA BAMBINO – “Marco van Basten, nonostante giocasse in tutt’ altro ruolo. È per questo motivo, forse, che ho fatto tanti gol. Cercavo di studiarlo e imitarlo“.
SKRINIAR – “Mi piace molto, sta crescendo e in un percorso di crescita l’errore ci sta. Ha grandissime qualità fisiche, è molto veloce: molto meglio del sottoscritto“.
ICARDI – “Penso che il tifoso interista debba guardare ai gol, non alla vita privata. In campo, Icardi dimostra di tenerci tantissimo e da tifoso questo mi basta”.
INTER POST MORATTI – “Io ho avuto la fortuna di andare in Cina da Suning. Roma non è stata costruita in un giorno, e io credo che i cinesi sappiano quel che fanno”.
ITALIA SENZA MONDIALI – “Con gran dispiacere. Nel trovare la Spagna nel girone c’ è stato un pizzico di sfortuna. Ma se non vinci né fai un gol contro la Svezia… “.
MONDIALE 2006 – “Io Zidane non lo odio, come molti sono portati a pensare. Io Zidane lo amo, non perché mi abbia dato una testata, ma perché mi ha dato una coppa del mondo“.
ARRABBIATO CON COMPAGNI DI SQUADRA – “Con Bruno Cirillo, forse. Quella rissa negli spogliatoi mi costò due mesi di squalifica. Oggi non lo rifarei”.
AMICIZIA NEL CALCIO – “Stringere legami con compagni che cambiano di anno in anno, è difficile. Io ho vinto con gente con la quale ogni allenamento era una scazzottata. Ma amici, nell’ Inter, ne avevo. Stankovic e Chivu su tutti. Solo ai Mondiali è stato diverso: eravamo tutti amici“.
CALCIO INGLESE – “La mia parentesi all’Everton è stata un’esperienza incredibile, che, però, credo d’aver fatto troppo presto. La Premier è bellissima, fossi partito otto, dieci anni più tardi, forse sarei ancora là. Ma era il 1998, ero appena diventato papà e adattarmi non è stato semplice. In più, rincorrevo la Nazionale e all’epoca i ct non erano lungimiranti come oggi: giocare all’estero significava non esistere“.
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