È vero che sta scrivendo un libro?
“Sì, ma devo ancora iniziare. Però ho tante cose da dire sulla mia carriera e sulla mia vita”.
È stato Klopp a Dortmund a lavorare sul suo eccesso di autocritica?
“Sì, è un grande allenatore ma soprattutto un grande psicologo: mi ha detto di non prendere tutte le responsabilità su di me e di dimenticare in fretta gli errori e le sconfitte, pensando sempre alla prossima partita”.
Lei è un calciatore senza fronzoli. Si sente un antidivo?
“Sì, non mi interessano i tatuaggi, cantare, o farmi i capelli strani: guardi qui, ho due buchi sulla testa ma non mi interessa. È la natura”.
Sembra un attacco a due suoi compagni che si sono rifatti la chioma.
“No, per niente! Ognuno fa quello che vuole”.
Negli allenatori che ha avuto in passato – da Lucescu a Klopp, da Mou a Wenger – ha mai trovato una figura paterna?
“No, però vorrei prendere le qualità umane e tecniche da ognuno per creare l’allenatore perfetto”.
Quindi da grande farà l’allenatore o – come dicono in Armenia – il politico o il presidente federale?
“Non lo so ancora. Magari lo dirò nel libro”.
Inzaghi è come un fratello maggiore?
“È bravo come tecnico e come persona e non lo dico perché è il mio allenatore. Con lui scherzo, ma conosco i limiti. Invece da giovane purtroppo la pensavo in modo un po’ diverso”.
In che senso?
“Pensavo che un allenatore non potesse essere un amico, che ci fosse una barriera. Adesso che capisco tutto, è più facile per me”.
Il talento del Como riscuote consensi
L'austriaco ha un nuove idee sul suo futuro
Un dato pone il regista turco sul tetto d'Europa
Il nostro approfondimento dopo l'ultima vittoria
Il commento sulla gaffe Cardinale-Inter non passa inosservato
La sua astinenza dal gol sembra non volere finire