Mourinho a Dazn: “L’Inter è una famiglia. A Siena lo scudetto più difficile della mia carriera. Vi racconto da dove è nato il “pirla””
Lunghissima intervista di Josè Mourinho con Diletta LeottaEroe mai dimenticato del Triplete del 2010, Josè Mourinho si è concesso ad una lunghissima intervista a Diletta Leotta, nella prima puntata del suo nuovo programma “Linea Diletta“, in onda su DAZN. Lo Special One è considerato uno dei papabili candidati per sedersi sulla panchina nerazzurra l’anno prossimo al posto di Luciano Spalletti, anche se il vero favorito, in caso di cambio di guida tecnica, resta comunque Antonio Conte.
Ecco le parole rilasciate dal tecnico portoghese: “Sono tornato a Londra dopo il Real, ora è la base di partenza per me. La prossima tappa non sarà la Premier League. I trofei sono la mia garanzia di successo, anche contro quelli che fanno di tutto per dimenticarlo. L’ultima finale che ho giocato è stata otto mesi fa, però è passato: mi sto preparando per il futuro. Non è tempo perso: quando si lavora 18 anni senza fermarsi, non c’è tempo per fermarsi, per pensare agli errori. Io penso siano stati utili questi mesi senza lavorare.”.
Inter – “A Milano ho trovato una famiglia incredibile, ero felice ogni giorno ad Appiano. La connessione con i tifosi è il risultato dei risultati, se si vince si è felici assieme, abbiamo creato una bella empatia. Anche a Londra arrivano gli interisti ad abbracciarmi. L’Italia è stato un habitat naturale per me, si vive il calcio 24 ore al giorno e tutti sanno più di calcio dell’allenatore stesso. Quando vedo i colori dell’Inter vedo i colori della mia famiglia”.
Io non sono pirla – ” L’idea era nata da un prof di italiano che mi spiegava anche i modi di dire particolari, l’espressioni da utilizzare a Milano. E’ da qui è nato il “pirla””.
Sulla chat del Triplete – “Sono il più attivo perché non sto lavorando, ho sempre tempo. C’è qualcuno che allena, qualcuno fa l’assistente, qualcuno è in vacanza, ma con la chat è come se fossimo sempre assieme”.
Barcellona – “Dal punto di vista umano era un gruppo speciale quello del Triplete. Loro hanno tirato fuori il meglio di me come io ho fatto con loro. Il discorso pre Barcellona? Mi è uscito dal cuore, quando ho vinto la prima Champions mio figlio mi diceva che voleva vincere una Champions da poter ricordare per sempre, e per molti giocatori era l’ultima occasione di vincerla, così ho trasmesso questa cosa a tutti i calciatori”.
Ibra – ” Quando ha deciso di andare a Barcellona e noi abbiamo saputo la notizia, Ibra ha detto che doveva andare via perché voleva vincere la Champions. A me è uscito spontaneo dirgli: “Magari la vinciamo noi”. La la squadra ha trasformato la paura di perdere Zlatan in motivazione per vincerla davvero”.
Snejider – “Io lo volevo ma non era facile. Lui voleva restare a Madrid, ma il Real lo voleva vendere un giorno si e l’altro no. Dopo una lunga trattativa, portata fino all’ultimo momento, abbiamo messo la giusta pressione al tifoso-presidente Moratti, e all’ultimo lo abbiamo preso. Due giorni dopo giocava contro il Milan”.
Siena – “Città fantastica, ogni volta che giocavamo lì io arrivavo e dopo cena mettevo il cappello e mi facevo una bella passeggiata in centro. Poi ricordo il giorno più difficile della mia vita per vincere un campionato, quello di Siena fu il peggiore. Una settimana dopo avevamo la finale di Champions, faceva caldissimo, giocatori poco concentrati, e la Roma stava già vincendo. Io mi sono sempre detto che mi sarebbe piaciuto vincere uno scudetto all’ultima giornata, quel giorno lì mi sono ricreduto”.
Maicon – ” A Siena ricordo anche la storia con Maicon. Mi dicevano sempre tutti che nell’ultima gara prima del Natale, Maicon si faceva ammonire per saltare la gara dopo e andare in Brasile in vacanza. Io sono stato a controllare tutte la gare, e a Siena, che era l’ultima prima della sosta, lui era effettivamente arrivato a quattro gialli. Io gli ho detto che se avesse preso la quinta non lo avrei mandato in vacanza, e lui mi ha detto che avrebbe segnato un gol così sarebbe potuto andare. Io gli ho risposto che sarebbe andato solo se ne avesse fatti due. Ne ha segnati due e si è tolto la maglietta prendendo anche l’ammonizione, così si è fatto una settimana in più di vacanza”.
Leadership – “Io non mi sentivo un boss, avevamo un vero capitano e altri 10 che potevano fare lo stesso ruolo”.
Gestione dei giocatori – “Ora siamo in un momento di cambiamento. Una generazione diversa, sono meno aperti alla critica, pensano meno agli interessi del gruppo e sono più difficili da gestire”.
Quaderno con gli appunti – “Serve per mio figlio: l’anno prossimo andrà all’università di metodologia del calcio. Merita di averla in mano. Se devo dire un nome per svoltare una squadra e che ha un potenziale è Mbappé: mi piace tanto”
Virtù e difetti – “Ho conoscenza, esperienza e ambizione senza limite. Sono orribile con la sconfitta, con le persone che hanno meno motivazioni di me. Jose uomo è tranquillo, emozionale e pensa tanto agli altri. Jose allenatore è pragmatico, emozionalmente intelligente però dominatore. A me piace tanto Jose persona, è un peccato che la gente conosca di più l’allenatore. Che termine userebbero i giocatori per descrivermi? Qualcuno dirà “bastardo””.
Perché scegliere Mou – “Tu devi parlare con me solo se pensi di vincere. Io chiedo: “Vuoi vincere, ci sono le condizioni?”. Allora possiamo parlare”.
Special One – “Io non ho mai detto di esserlo, di essere speciale. Dove andrò? Aspettiamo, non sono sotto pressione. Sarò preparatissimo per la prossima tappa”.
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