Mourinho: da ribelle a filantropo
Anche se le luci della Liga sono spente (a causa della sosta per le qualificazioni a Euro 2012), José Mourinho è sempre nell’occhio del ciclone. In realtà ciò che affascina dello Special One è la sua capacità di trovarsi costantemente in una posizione estrema, tale da suscitare o il più completo biasimo o la più grande ammirazione. Insomma un vero e proprio personaggio letterario (oltre che mediatico). Capace sempre di mutare forma, restando però sempre al centro dell’attenzione, il portoghese ha vestito nel corso della sua carriera alternativamente i panni del profeta (fanno ancora discutere le sue proverbiali conferenze stampa, quando alla guida dell’Inter ha elargito frasi e modi di dire che sono rimaste nel lessico calcistico odierno quali zeru tituli, prostituzione intellettuale e non ultima in Spagna il tormentone porque?), dell’eroe romantico-ribelle che sfida tutti e tutto (la sua battaglia contro i presunti favoritismi in Champions nei confronti del Barcellona), dell’anti-eroe (il dito in un occhio al vice di Guardiola, Tito Vilanova, per il quale è stato recentemente punito con due giornate di squalifica) e infine quello del filantropo. Accompagnando infatti il figlio Josè Mario alla scuola calcio del Deportivo Canillas, si è accorto che dieci bambini guardavano sconsolati i loro rispettivi padri che non potevano permettersi una loro iscrizione alla scuola calcio. Josè non ha esitato e chiedendo il numero di conto corrente della suddetta scuola, ha versato 8000 euro ( l’equivalente di una stagione per tutti i dieci aspiranti calciatori) per permettere a quei bambini di cominciare il loro sogno calcistico. Si è speculato tanto su questo gesto oggettivamente giusto e degno di ammirazione: c’è chi pensa che l’abbia fatto solo per ricostruire la sua immagine in Spagna, offuscata dal gesto sconsiderato nei confronti di Vilanova, c’è chi dice che ha fatto ciò solo per restare al centro dell’attenzione, ma una cosa è certa: fra tutti i ruoli che nel corso degli anni l’allenatore portoghese ha ricoperto, uno solo è rimasto stabile, quello del grande amante del gioco del calcio. Il suo gesto altro non è che l’ennesima conferma della passione e della serietà che Josè mette al servizio del gioco più bello del mondo. È quella stessa passione che ha ispirato il portoghese a pagare la retta per quei dieci bambini dando la possibilità (almeno per quest’anno) a dieci piccoli calciatori di sognare e appassionarsi al calcio. Riccardo Fiorenza