Nostalgia Mou: “Tornare all’Inter? Ho due anni di contratto ma chissà…”
Due innamorati allontanati dalle circostanze della vita ma con la volontà un giorno di riunirsi, L’Inter e Mourinho, dichiarazioni d’amore che si susseguono suscitando emozioni rievocate dal passato e speranze per un futuro ancora insieme. L’allenatore portoghese torna a parlare dalle colonne del Corriere della Sera.
REAL MADRID – A Madrid sto benissimo, siamo in vetta al campionato ed abbiamo ottime possibilità di arrivare in semifinale di Champions. Mi sento ancora leader in questa squadra. Mentre lavoro, so che sono io a dover comandare e le persone lo sanno. In vacanza mi manca un po’ questa sensazione.
CRITICHE – Quelle ci saranno sempre, ci sono abituato: se dico bianco o dico nero, se parlo o non parlo comunque arrivano in ogni caso. Anche se sinceramente ci ho fatto l’abitudine, tavolta non credo di essere rispettato.
RISPETTO – Lo ottengo dai miei calciatori e la mia famiglia. Se vuoi ottenere rispetto, il modo migliore è rispettare, io lo faccio con i calciatori che rispetto più di qualsiasi altra cosa nel calcio. Sono persone intelligenti, studiano e hanno accesso a tutto, capiscono se sei un bravo allenatore, se sei onesto e preparato oppure no.
SUCCESSI – Sono stato molto fortunato perchè ho lavorato in Paesi diversi e con persone straordinarie. Quando arrivi in una squadra devi cercare di ottenere il massimo dalle persone con cui lavori, così come quando acquisti un giocatore, lo potrai conoscere bene solo quando ci lavorerai insieme. Il talento non basta, la vita dei giocatori è limitata in 10 anni e in quegli anni devi cercare di ottenere il massimo. Ho visto tanti giocatori sprecare il loro talento.
SQUADRE E PERSONE – Ho allenato persone che considero uniche: al Chelsea, con metà squadra composta da africani, si è creato un grande gruppo con gli altri giocatori mentre all’Inter, c’erano sette-otto argentini che avevano formato una famiglia formidabile. Mai sentito un gruppo così compatto. Mi mancano tanto.
SEGRETO PER VINCERE – Sono un vincente, la cosa che mi rende speciale rispetto ad altri allenatori è che nessuno negli ultimi dieci anni ha vinto tanti titoli quanto me. Essere speciali nel calcio vuol dire essere vincenti , e’ impossibile vincere sempre, ma farlo regolarmente ti fa entrare nella storia. Io sono stato competitivo fin da bambino, per me qualsiasi cosa andava vinta, anche quella più semplice. Se dovessi dire un segreto per rendere un gruppo vincente, direi innanzitutto che bisogna parlare la lingua dei calciatori, in questo modo nel privato si crea una relazione diversa.
RUMORE DEI NEMICI – Quando stai andando bene tendi a rilassarti, quindi preferisco evocare questo concetto: quando senti quel rumore sai che qualcuno sta cercando di approfittare di un tuo momento no. Ricordo bene quella frase. Quando dico nemico però mi riferisco al calcio, il nostro corpo ha bisogno di adrenalina.
ZERO TITULI – E’ un’espressione costruita e pensata prima perchè pianifico sempre le mie conferenze stampa. So esattamente quello che devo dire e quando devo parlare, così come so cosa fare quando c’è una partita e quando si fa allenamento. Con quella frase volevo mettere un po’ di pressione sugli altri, facendo capire che chi rischiava di non vincere nulla erano loro. Un po’ di giorni dopo mi sono reso conto di aver creato un tormentone. Il giorno dopo quella conferenza, ad Appiano Gentile era pieno di gente che vendeva t-shirt, appena mi videro mi corsero incontro e mi lanciarono queste maglie, con la foto delle manette, con la scritta ‘zero tituli e mi dissero che ne stavano vendendo tantissime. Ed io risposi: mi fa piacere.
DISCUSSIONI CON I GIOCATORI – Ne ho avute. La discussione che ricordo di più fu con Ibrahimovic: durò 5 minuti, lui voleva andare al Barça e vincere la Champions, e io ero arrabbiato con lui perché ero sicuro di vincerla con l’Inter. Mi è spiaciuto molto per lui, è un ragazzo fantastico che vive per la famiglia. Lui è un vincente nel calcio perchè nessuno deve dimenticare che ha vinto 9 campionati di fila. Ha tutto il tempo di vincere la Champions.
FIGLI E CALCIATORI – Mi sento indubbiamente più responsabile nei confronti dei miei figli, anche se con loro forse è pià facile. E’ la mamma ad educarli, io non sto molto con loro ma quando sono a casa cerco di godermeli più che posso.
LOOK – Nella mia fama ha influito zero. Si vince grazie alla capacità di comunicare non grazie a un taglio di capelli o per una giacca. Il mio cappotto è esposto nel museo del Chelsea, perché una volta un signore acquistò in un’asta di beneficenza un mio cappotto Armani, pagandolo abbastanza. Solo che una volta portato a casa, ha capito che quel cappotto apparteneva al Chelsea, come le scarpe di Drogba e Lampard. Il mio non è un look costruito, non mi interessa apparire in un certo modo davanti agli altri.
MOU PRIVATO – Sono uno che svolge al meglio il proprio lavoro, un competitivo, un uomo di calcio. Il mio vero io lo condivido solo con i miei amici e con la mia famiglia.Per conoscere il calcio non basta essere un buon allenatore., ci sono tanti fattori che fanno la differenza. I giocatori,invece credo debbano avere di base di cultura generale, oggi sono molto diversi da una trentina di anni fa e per loro sarebbe molto importante.
OBIETTIVI – Voglio vincere la Champions con tre squadre differenti ed essere l’unico uomo ad aver vinto i tre campionati più difficili al mondo: Italia, Spagna e Inghilterra. Nella vita desidero soltanto stare in salute con le persone che amo. Appena mi ritirerò, vorrò essere un uomo che ha fatto al meglio il proprio lavoro.
RITORNO ALL’INTER – Ho detto che ritornerò e lo confermo, sono il primo tifoso dell’Inter e ci tornerò sicuramente. Il mio futuro per ora è a Madrid, ho altri due anni di contratto. Ma chissà…