Il 15 novembre 2013, Massimo Moratti cedeva il 70% dell’Inter a Erick Thohir. A dieci anni dalla cessione, La Gazzetta di Parma ha intervistato l’ex patron nerazzurro, il quale ha svelato anche i motivi che lo portarono a prendere questa decisione.
LA CESSIONE DELL’INTER – “Sono stati dieci anni intensi, pieni di altre cose: la famiglia, il lavoro, la vita. Se mi chiedete se l’Inter mi manca, rispondo che no, non ho avuto proprio il tempo per farmela mancare. Quando ho deciso? Non ci fu un momento preciso, certamente non dopo la finale di Champions League. Avevo ricevuto diverse offerte e cominciai a prendere in considerazione l’idea di chiudere questa avventura, che peraltro durava da quasi 20 anni. Dopo il Triplete c’era l’esigenza di ripartire daccapo, ma era evidente che in quel momento necessitavano spinte diverse e forze nuove. Nel 2012, eravamo andati a un passo dal chiudere l’accordo con un gruppo cinese, poi l’anno dopo è arrivato Thohir“.
LA SOFFERENZA – “Non avevo l’obbligo di tenere l’Inter, ma separarmene, ora posso dirlo, fu davvero difficile, anche se io non ho mai pensato di essere un presidente a vita. Premeva il senso del dovere che sentivo di avere nei confronti di questa società, per ciò che ha rappresentato per la mia famiglia. E poi la passione. Passione per questi colori, per la bellezza di uno sport che sa unire la gente. Liberarsi da questi legami emotivi è stata l’impresa più dura. Ma era venuto il momento di passare la mano. C’erano già le avvisaglie di quello che sarebbe diventato il mondo del pallone: questo è un calcio che una famiglia, ma dovrei dire un uomo solo, non è in grado di gestire in rapporto a un club di primissimo livello“.
MOMENTI PIÚ BELLI – “Come si fa a non dire il 2010, l’anno dei tre titoli! Ma ce ne sono stati tanti altri. Penso alla Coppa UEFA del 6 maggio 1998, quella del 3-0 alla Lazio, o ad alcuni derby con il Milan, all’incredibile Inter-Sampdoria del 9 gennaio 2005, quando rimontammo da 0-2 a 3-2 nel recupero, alla vittoria a Torino contro la Juventus del 29 novembre 2003“.
MOMENTI PIÙ BRUTTI – “Calciopoli. Un colpo al cuore per tutto il movimento, anni difficili per tutti ma soprattutto per noi, privati di vittorie che avevamo meritato sul campo. In quegli anni vivemmo la sensazione di far parte di un gioco più grande di noi, dove tutto era deciso secondo regole delle quali eravamo all’oscuro. Partecipavamo al campionato, si può dire, per niente: una sensazione opprimente. Ma Calciopoli non è stata una sorpresa. La sorpresa era il muro di omertà che gran parte del calcio aveva costruito per anni intorno a questa vicenda“.
IL COLPO MIGLIORE – “Potrei dire Ronaldo nel 1997, invece è senza dubbio lo scambio Ibrahimovic-Eto’o. In cambio di Zlatan, grandissimo calciatore, avemmo molti soldi e un campione vero, che non a caso diventò uno degli eroi del Triplete“.
IL RIMPIANTO – “Andrea Pirlo: cederlo al Milan è stato un errore. Lo avevo scelto personalmente e, per averlo, ricordo che in Lega Calcio bloccai in un ascensore Corioni, il presidente del Brescia: o viene all’Inter o non usciamo di qui. Ma quando fu da noi, Pirlo non riuscì ad esprimere le sue qualità. Giocava poco e si era intristito. Forse avremmo dovuto aspettarlo…“.
Si studia la formula migliore per chiudere
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