Pancev, Rambert e gli altri ‘bidoni’: i 10 acquisti flop dell’Inter negli anni ’90

ANNI '90, I FLOP 10 ACQUISTI Arrivano carichi di speranza e aspettative. I tifosi aspettano la fine delle vacanze per comprarsi la loro maglietta e vederli finalmente giocare a 'San Siro'. Poi però i sogni si infrangono all’improvviso, al primo gol sbagliato, alla prima papera. Sono i classici bidoni, gli acquisti falliti delle lunghe estati di calciomercato. Negli anni ‘90, tra le presidenze di Ernesto Pellegrini e Massimo Moratti, l’Inter ne ha collezionati parecchi, inseguendo la chimera di tornare sul tetto d’Italia dopo lo scudetto dei record del 1989. Passioneinter.com, che vi ha già raccontato i più grandi colpi nerazzurri di quel periodo, ha stilato la lista definitiva dei 10 acquisti flop degli anni ‘90, quelli che tutti i tifosi dell’Inter avrebbero voluto dimenticare. SCORRI LE SCHEDE --> IL RAMARRO E questa lista non poteva che cominciare da lui: Darko Pancev. Il bidone per antonomasia, il “Kobra” diventato “Ramarro”. Arrivò all’Inter nell’estate del 1992: con lui, Totò Schillaci e Sosa, il presidente Pellegrini era convinto di poter puntare nuovamente allo scudetto. Tanto che non esitò a versare 14 miliardi di lire nelle casse della Stella Rossa di Belgrado e garantire 2 miliardi di ingaggio al giocatore. Pancev d'altronde era ambito da tutta Europa: il terminale offensivo di quella generazione di talenti serbi (allora jugoslavi) di cui hanno fatto parte anche Savicevic, Jugovic e Mihajlovic. Loro hanno fatto le fortune delle squadre in cui hanno militato. Darko invece all’Inter non è mai diventato “Kobra”: 30 presenze e 10 reti in due anni e mezzo, prima di finire la carriera tra Dusseldorf e la Svizzera. QUELLO FORTE Fu il primo acquisto dell’era Moratti: Sebastian Rambert, detto anche “Avioncito” per come esultava dopo i gol. Un’esultanza che a San Siro nessuno vide mai. Arrivò dall’Independiente nell'agosto 1995 per 4,2 miliardi di lire, insieme a un giovane ragazzino di nome Javier Zanetti. Doveva essere il talento cristallino della nuova Inter, ma alla fine non debutterà nemmeno in campionato, collezionando solo una presenza in Coppa Italia contro il Fiorenzuola e una nello sfortunato primo turno di Coppa Uefa contro il Lugano, che sancì la prematura e clamorosa eliminazione dei nerazzurri. Morale: nell’ottobre dello stesso anno passò agli spagnoli del Saragozza. E pensare che tra Rambert e Zanetti doveva essere lui quello forte. NUOVO THURAM Originario della Costa d’Avorio ma con passaporto francese, tre anni da protagonista in Ligue One nelle difese di Bordeaux e Olympique Marsiglia: quando Cyril Domoraud arrivò a Milano erano tutti lì a giurare che “diventerà il nuovo Thuram”. Ne era convinto anche l’allora tecnico Marcello Lippi, come ha raccontato Beppe Bergomi: “Lo faccio diventare un giocatore”, disse il mister allo 'zio'. All’Inter, però, non lo è diventato: 6 presenze in un anno e poi l’addio. GOLDEN BOY Faccia da bambino e Pallone d’oro del Mondiale Under 20 con il suo Brasile: Caio Ribeiro Decoussau è un altro dei primi acquisti falliti da Massimo Moratti, evidentemente frettoloso nel suo primo calciomercato da presidente di portare a Milano nuovi talenti. Per lui il presidente firmò un assegno da 7 miliardi di dollari, innamorato delle sue prodezze da giocoliere. Troppo evanescente per il calcio italiano, ma forse anche in generale, collezionò 6 presenze in campionato e due in Coppa Italia. Farà da comparsa anche al Napoli prima del ritorno in Brasile senza trovare fortuna. NUMERO 9 Nella prima estate morattiana del 1995 arrivò all’Inter anche un bizzarro terzino sinistro, Felice Centofanti. Onesto giocatore, reduce da buone stagioni tra Palermo e Ancona, Centofanti si fece notare per la folta chioma e per una scelta fuori dal comune: la maglia numero 9. A San Siro però, a parte l'eccentricità, lasciò poche tracce: una dozzina di presenze e un gol in una stagione. Farà più fortuna come inviato di Striscia La Notizia su Canale 5. IL PIGIAMA “Si però anche tu, ti sembra il caso di dormire con la maglietta di Sforza?”. “Eh, quella di Ronaldo era finita”. Il nome di Ciriaco Sforza rimarrà per sempre legato a questa battuta nel film “Tre uomini e una gamba”, firmato dal trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, quando quest’ultimo in ospedale si fa prestare il pigiama (la maglia di Sforza) da Aldo. Del resto delle gesta in campo del centrocampista svizzero rimane ben poco da ricordare, se non le litigate con Paul Ince. Fortemente voluto da Hodgson nell’estate 1996, rimase a Milano solo un anno. La sua ultima gara in nerazzurro? La finale di Coppa Uefa persa ai rigori contro lo Shalke 04. "MEGLIO DI R. CARLOS" Sforza non fu l’unico “danno” che Roy Hodgson causò all’Inter. Prima dell'arrivo dell'allenatore svizzero nell’ottobre ‘95, i nerazzurri avevano acquistato a soli 22 anni un certo Roberto Carlos. A novembre però come terzino sinistro fu preso dal Vicenza anche Alessandro Pistone. Alla fine della stagione Hodgson disse: “R. Carlos è indisciplinato, per quel ruolo preferisco Pistone”. Mentre il brasiliano vinceva Champions League e scudetti con il Real Madrid, Pistone giocò in nerazzurro ancora una stagione, prima di perdersi tra Newcastle, Venezia ed Everton. Una carriera modesta, però non era indisciplinato... MI MANDA RONALDO Il ruolo di terzino sinistro rimarrà a lungo un incubo per i tifosi nerazzurri (Gresko docet). Nel gennaio 1999 Moratti provò a risolverlo acquistando quello che sulla carta doveva diventare il migliore dopo Roberto Carlos. Gilberto Melo da Silva, talento del calcio a cinque esploso con le maglie di Flamengo e Cruzeiro. Ronaldo in persona andò in Brasile a ispezionarlo, per poi dare il via libera alla società. Gilberto venne presentato in grande stile, prima di diventare un fantasma: due presenze in campionato e una in Coppa Italia, per poi scomparire definitivamente. PAPUS E IBRA Zoumana Camara arrivò all’Inter dalla seconda divisione francese nell’estate 1998. Gli osservatori nerazzurri lo avevano visto in azione con l’Under 21 transalpina ed erano rimasti sbalorditi dalle sue qualità atletiche. La stampa italiana rassicurava sul suo promettente futuro da difensore. Dopo il consueto trofeo “Birra Moretti”, nessuno lo vide più. Negli annali risultano due apparizioni in Coppa Italia con il Castel di Sangro. Poi il prestito a Empoli e il ritorno in patria. Camara non è mai diventato un campione, ma ha giocato nel Psg dal 2007 fino al 2015. Il “Papus”, come lo chiamano a Parigi, è così diventato senatore e mascotte dello spogliatoio in cui sedeva gente come Thiago Silva, Thiago Motta e Zlatan Ibrahimovic, senza praticamente mai scendere in campo. PALLONE D'ORO E’ uno dei palloni d’oro che ha giocato nell’Inter, ma anche un simbolo di mancato adattamento al calcio italiano. Un vero peccato per i tifosi nerazzurri, che videro Matthias Sammer solcare San Siro per qualche pomeriggio del 1992: fu acquistato nel ‘91 per 9 miliardi di lire ma arrivò un anno dopo per via del vincolo di tre stranieri per squadra. Il tedesco doveva raccogliere l’eredità lasciata dai vari Matthaus, Brehme e Klinsmann. Le qualità le aveva tutte, ma non si ambientò mai in Italia: dopo 4 gol in 11 partite che misero in mostra tutto il suo talento, già a gennaio chiese di essere ceduto al Borussia Dortmund. In Germania ritrovò il sorriso, nel 1996 vinse Europeo e Pallone d’Oro. Per l’Inter, più che un bidone, rimane un grande rimpianto. SONDAGGIO Jose Angel shock: autogol da incubo

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Daniele Fiori - Autore

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