Dopo le prime quattro giornate di Champions League, in cui l’Inter ha dovuto affrontare anche Manchester City e Arsenal, fa impressione il dato sui gol subiti della squadra di Simone Inzaghi. Sì perché rispetto ai 13 gol incassati in campionato, in Europa sono zero le reti subite da Sommer e ben 4 i clean sheet consecutivi.
Un vero paradosso per una squadra che in Serie A è stata attaccata proprio per l’enorme fragilità mostrata non solo dalla difesa, ma da tutta la fase difensiva. Un’attenzione completamente diversa in Champions League dove anche ieri sera la formazione nerazzurra ha dato prova di una grande tenuta di tutto il reparto nonostante l’assenza di un paio di titolari come Acerbi e Bastoni.
Eppure, una spiegazione su questa enorme differenza tra le due versioni viste tra campionato e Champions può essere ricavata. Analizzando le reti subite dall’Inter in Serie A, queste sono arrivate prevalentemente nell’ultimo quarto d’ora di gioco: è evidente come spesso sia stato un generale calo di concentrazione ad incidere su certe dinamiche.
L’Inter vista in campionato ha incassato gol decisamente evitabili: su ripartenze in cui, dopo essere saltate le preventive, la squadra non ha difeso in maniera compatta, oppure su dei palloni buttati in area sui quali non c’è stata la giusta aggressività da parte dei difensori nel gioco aereo.
Errori che ieri sera non si sono assolutamente visti: innanzitutto perché l’Inter ha cercato di difendere uomo su uomo con un sistema efficace di marcature preventive. Sul finale, quando Inzaghi coi cambi è passato ad un blindatissimo 5-4-1, i difensori nerazzurri sono stati poi praticamente perfetti di testa sui palloni buttati nella mischia in area alla disperata dall’Arsenal.
Probabilmente, anche in maniera inconscia, un match di calibro internazionale come quello di ieri sera e contro una squadra molto forte come l’Arsenal ha fatto scattare in tutta la squadra un livello di attenzione maggiore rispetto ad altre sfide di campionato ed uno stato di allerta costante che l’Inter ha mantenuto sino al triplice fischio liberatorio di Kovács.
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